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Esplicata la mancanza di lunghi dungeon in The Legend of Zelda: Breath of the Wild

Gli sviluppatori di The Legend of Zelda: Breath of the Wild parlano nel dettaglio di alcune singolari scelte stilistiche prese durante lo sviluppo dell’ultima delle avventure di Link, che la hanno così tanto distanziata da quelle da lui affrontate in passato.

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   · 3 min lettura Nintendo
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The Legend of Zelda: Breath of the Wild, contemporaneamente ultimo gioco della celebre serie uscito su Wii U e primo apparso sulla neonata Nintendo Switch, ha costituito senza dubbio la rottura col passato più evidente e decisa mai effettuata nei 30 anni dalla pubblicazione del primo titolo nel 1986. Nel corso del podcast ufficiale Nintendo Power i principali sviluppatori hanno esplicato al meglio alcune decisioni prese nel corso della creazione dell’ultima delle avventure di Link.

Hidemaro Fujibayashi, Director per The Legend of Zelda: Breath of the Wild, ha anzitutto parlato di come, trovandosi davanti ad una mappa di proporzioni sconfinate rispetto a quanto disponibile nei titoli passati, uno dei principali aspetti affrontati dal team di sviluppo sia stato il trovare una giusta proporzione tra dungeon ed esplorazione della medesima.

La serie di The Legend of Zelda ha sempre avuto come tema principale quello del “trovare oggetti che facciano proseguire la storia“, e proprio per questo motivo le precedenti iterazioni della serie erano colme di lunghe caverne, immensi castelli e templi labirintici. In Breath of the Wild, si è voluto evitare di confinare il giocatore in uno dei sopra citati ambienti per troppo tempo e lontano dalla viva e vibrante Hyrule, mai più di adesso ricca di carattere e piacevole da esplorare.

Avendo quindi calcolato la necessità della presenza di almeno 100 Sacrari da disseminare all’interno di essa, Fujibayashi e il team di sviluppo hanno puntato a creare per ognuno di essi un enigma, sfida o combattimento risolvibile in non più di 10 minuti. Tuttavia, ciò avrebbe potuto sancire una rottura troppo drastica col passato, che avrebbe rischiato di falsare l’intero proposito del titolo. Il problema ha ben presto avuto una elegante soluzione:

Giocando con l’idea delle Bestie Divine, le abbiamo pensate in forma umanoide e ammirabili solo da lontano. Ma essendo controllate dai Campioni, abbiamo pensato che sarebbe stato interessante renderle dei dungeon esplorabili.

A seguire Eiji Aonuma, che ha svolto il ruolo di Producer per questo e numerosi altri titoli della serie, ha esplicato la funzionalità di teletrasporto offerta dai Sacrari. Ciò è stato a suo dire reso indispensabile non solo dalle vaste dimensioni della mappa di gioco, ma anche dalla volontà di dare ai giocatori la possibilità di raggiungere con facilità e in un secondo momento un sacrario che non si sia riuscito a portare a termine nel corso della prima visita ad esso.

Il podcast si conclude con l’affermazione, da parte dello stesso Aonuma, che lo sviluppo di The Legend of Zelda: Breath of the Wild ha seguito un processo per nulla lineare:

Non avevamo nulla scritto su carta, quindi non abbiamo seguito le indicazioni decise in precedenza. Abbiamo inserito diverse meccaniche, testandole di volta in volta di persona e rendendoci conto se esse avessero potuto funzionare al suo interno. È stato questo lo spirito con il quale abbiamo affrontato lo sviluppo, un renderci conto di volta in volta cosa fosse necessario e cosa no.

Lo sviluppo per il prossimo titolo delle avventure di Link pare essere già cominciato. Riusciranno Aonuma, Fujibayashi e l’intero team di sviluppo di Nintendo a replicare e possibilmente ampliare il successo che The Legend of Zelda: Breath of the Wild sta riscuotendo in tutto il mondo?

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