Maria Enrica
Una lettera per la scuola di magia e stregoneria più prestigiosa del Regno Unito è stata recapitata a un aspirante studente che inizierà dal quinto anno? Per la barba di Merlino, che stupeficium è mai questo? Deve trattarsi di magia antica, deve essere Hogwarts Legacy.
Il vero incantesimo da Auror che si rispetti è stato quello orchestrato da Avalanche Software e da Warner Bros. Games nei confronti di un media franchise che fino a oggi aveva orbitato soltanto nel campo dei tie-in. Se prima con l’immaginazione innescata dai libri, poi dalla visione dei film e dalle trasposizioni videoludiche a questi ultimi sempre legate tantissimi bambini hanno potuto trovare la propria casa, è con il GDR action al momento disponibile per PlayStation 5 (la versione testata), Xbox Series X/S e PC che possono viverla davvero. Dopo ventisei anni dalla nascita di quel bambino lasciato sull’uscio del numero 4 di Privet Drive, era infatti arrivato il momento di ascoltare altre storie e perché no, di provare una Burrobirra ai Tre Manici di Scopa.
Antico prescelto
Senza intaccare il canone cementato da J. K. Rowling dal 1997, gli autori hanno preso una Passaporta speciale che li ha decisi a raccontare uno spaccato inedito del mondo magico. L’anno è il 1890 e mentre Tu-sai-chi è ancora lontano, a gettare zizzania è una fazione di goblin capitanata da Ranrok e decisa a sovvertire l’ordine delle cose. In questa macro cornice giocherà un ruolo tanto fondamentale quanto misterioso il (o la) protagonista, un ragazzo speciale al pari forse del bambino sopravvissuto.
Con uno strappo alla regola inusuale, l’alter ego ha ricevuto l’agognata missiva di ceralacca rossa per iniziare i suoi studi direttamente dal quinto anno. Vista la curiosa eccezione, il preside Phineas Nigellus Black ha chiesto al professore Eleazar Fig di fargli da accompagnatore e da mentore verso il recupero delle conoscenze di base. Sarà proprio nel tragitto volante verso l’accademia che il prescelto scoprirà di conoscere i rudimenti di un tipo di magia antico e dato per scomparso, l’unica speranza per placare i tumulti e al contempo la miccia che potrebbe farli degenerare.
Si tratta di un innesco narrativo che sul medio periodo viene contestualizzato degnamente attraverso delle scene d’intermezzo, inserendosi in modo coerente nella mitologia generale di Harry Potter. Tale potere fa gola non solo al capo dei goblin, bensì anche a un mago oscuro con il quale avvierà un’alleanza per fare proprio un artefatto particolare. Su un canovaccio già rodato in più di un ventennio, Avalanche ha saputo imbastire una trama originale e al contempo capace di ricalcare l’archetipo del viaggio di formazione e dell’eroe espresso dall’autrice britannica.
Soprattutto, sono la regia, i toni, i tempi delle performance degli attori, ammantati da musiche brillanti (al limite del commovente per un fan storico), a trasportare gli aspiranti studenti nello stesso spirito della saga cinematografica. Che sia per certe pause comiche tra i personaggi, o per il design caricaturale di questo o quell’edificio, oppure per la scrittura di tante missioni secondarie da strappare un sorriso, chi è stato presente per tutto questo tempo si sentirà a casa.
A proposito d’incarichi: nonostante in linea generale riflettano il carattere quantitativo di un modo di costruire gli open world, il consiglio è di non tralasciarne nessuno; solo così sarà possibile assaporare il gusto sgangherato del fantasy di Harry Potter; uno Snaso ladruncolo o delle gobbiglie poste sul soffitto sono solo un paio di esempi di una scrittura non al pari di quella della campagna principale, ma al contempo meritevole di essere provata.
Sempre sulla scia dei confronti tra campagna principale e trame secondarie (attuabili poiché scisse in maniera netta), in questo ultimo caso si percepisce uno stacco qualitativo netto nella regia durante ogni dialogo, con un’alternanza di primi piani tra i parlanti. Sarà un lascito delle due passate generazioni di console, sarà un compromesso di natura tecnica, ma la differenza è marcata (per quanto siano implicite le ambizioni ben più alte delle cinematiche).
Gente di Hogwarts
Gente di Hogwarts avrebbe potuto essere un nome alternativo per l’ultima fatica di Avalanche Software, nella misura in cui la scuola di magia e stregoneria con i suoi territori limitrofi si prende quasi tutti i riflettori del palco. A essa sono stati riservati i maggiori sforzi produttivi, come risulta lampante tanto dal level design eccellente degli interni, quanto dalla cura nei riferimenti al materiale di base; riconoscere il cortile di Trasfigurazione come se lo si fosse calpestato in prima persona o l’aula di Difesa contro le Arti Oscure regala una sensazione di cullante sicurezza e insieme di stupore che accomunerà tutti i Potterhead.
E con loro forse si sono uniti gli autori stessi del gioco, poiché ogni stanza del castello – esplorabile senza soluzione di continuità se non per alcuni caricamenti – palesa la conoscenza e l’amore nei confronti della saga. Basti osservare gli incontri casuali con il poltergeist Pix o con i fantasmi, le armature che camminano sul posto o il villaggio di Hogsmeade (momento di ristoro importante per acquistare pozioni, vestiti e altro) per lasciarsi catturare dalla magia di Hogwarts Legacy.
Il sistema open world di Hogwarts Legacy non pretende di rinnovare una formula assurta a una sorta di standard del mercato, fatta di puzzle ambientali, anfratti da esplorare, compiti opportunamente elencati e un comodo viaggio rapido – in linea con le regole del world building. Gli enigmi, così come le Prove di Merlino, aiutano nell’acquisizione di capi di vestiario o altro, richiedono in prevalenza di osservare l’ambiente circostante al fine di scovare dei simboli, ruotare dei meccanismi e aprire delle porte per guadagnare le suddette ricompense. Va ribadito ancora: la cornice e il loop di gameplay non offriranno nulla di nuovo a chi conosce il genere di appartenenza e non vogliono farlo, dal momento che traggono la propria forza e attrattiva dal marchio.
Miseriaccia, il gameplay!
L’aspetto da GDR del titolo sembra che abbia dovuto incastrarsi in uno stretto tunnel di muri dati ora dalla licenza, ora dalle minime caratteristiche richieste da tale tipologia: l’editor del protagonista è essenziale, ma non brilla nelle possibilità di personalizzazione (siamo in una scuola dopotutto), utilizzare delle magie oscure non lo marchierà come un Voldemort ante litteram (un secondo Signore Oscuro non avrebbe rispecchiato la mitologia originaria), anche se certe scelte nei dialoghi offrono un pizzico di rigiocabilità non indifferente.
Così come Harry ha supplicato il Cappello Parlante di non smistarlo in Serpeverde, allo stesso modo i giocatori possono convincerlo facilmente a virare la sua decisione a loro favore. Dopodiché, cosa si combina a Hogwarts oltre a gozzovigliare per i corridoi? Si studia e si combatte, si apprendono incantesimi attraverso le lezioni e i compiti extra dei professori da portare sui campi di battaglia. Il sistema di progressione del lato action è stato quindi modellato sulla base dell’istruzione magica, dando un terreno logico alla ripetitività delle prime ore di gioco (il protagonista ha le conoscenze di un neo studente, pur avendo iniziato dal quinto anno).
Dopo Stupeficium, Revelio – da sfruttare a iosa per scovare forzieri e altri elementi dello scenario con cui interagire – Protego e la Magia Antica, arriveranno insomma Bombarda e altre possibilità di attacco. Un’offensiva si dipanerà pertanto in una combinazione di protezione, eventuale sospensione del nemico in aria e azioni ripetute (da un set di quattro soluzioni intercambiabili): nella sua semplicità delle meccaniche e dinamiche, l’insieme funziona e viene scandito da un cooldown per i singoli incantesimi, costringendo l’alter ego a variare le sue carte in tavola.
Un altro stratagemma di Hogwarts Legacy riguarda i limiti imposti dal proprio livello di esperienza, precludendo specifiche attività, disinnescando una rottura del sistema e conseguente facilitazione massima del grado di sfida. È un peccato che i colpi di bacchetta possano riversarsi su una gamma ristretta di nemici, perlopiù umanoidi: l’universo fantasy di Harry Potter è definibile tale anche in riferimento alla ricchezza delle specie senzienti che lo popolano – Newt Scamander ne sa qualcosa – ma qui sembra venire meno. La speranza è che le prossime stagioni (leggasi espansioni) amplino questo aspetto.
Impossibile non spendere qualche parola sulla Stanza delle necessità: si tratta di un’area di Hogwarts Legacy che racchiude una vena da gestionale curiosa e sorprendentemente efficace nell’ecosistema del gameplay, data la libertà d’installare postazioni per coltivare delle piante, per preparare delle pozioni e per allevare delle simpatiche creature. Questi ultimi contribuiscono in modo essenziale all’ottenimento di materiali vari, rendendoli tanto importanti quanto dei teneri compagni.
Quando il prescelto dalla Magia Antica riuscirà ad allontanarsi dai suoi animali fantastici, potrà intessere rapporti di amicizia con alcuni compagni già impostati, come il Serpeverde Sebastian o Natty di Grifondoro, sapendo di non dovere temere alcun insulto per le sole differenze tra Case. Le missioni legame a loro legate sono pensate proprio per rafforzarli grazie alla presenza di ricompense e di avere uno spaccato di quotidianità adolescenziale tra studenti vari, mentre i film si concentravano sul magico trio.
Potterhead a raccolta
Alzi la bacchetta il Potterhead che sia riuscito nell’arduo compito di rimanere impassibile aperti i cancelli della scuola; noi abbiamo miseramente fallito. Dopotutto come si potrebbe biasimare un appassionato di fronte a uno studio certosino del modello di appartenenza diviso tra la versione letteraria e quella cinematografica (fino al Prigioniero di Azkaban, mancando per esempio il lunghissimo ponte e stradone antistante l’ingresso ripreso più e più volte, specialmente negli ultimi due atti dell’epopea con Daniel Radcliffe).
Le mancanti finezze tecniche di Hogwarts Legacy, tra espressioni facciali al limite del vetusto e animazioni non sempre nutrite, vengono compensate sia dall’ovvio contesto – è una produzione destinata a sette hardware distinti – sia da una direzione artistica meritevole di lodi. Su PlayStation 5 non si riavvisano inoltre oscillazioni di frame rate ingenti, anche se in merito alla piattaforma di Sony avremmo apprezzato una considerazione al DualSense: certo, la natura multipiattaforma e i tempi di sviluppo non concorrono a tale desiderio, ma allo stesso tempo avremmo gradito per esempio un cambio di colori nei led in base alla magia scagliata, o una resistenza dei trigger adattivi nel momento di caricare un’offensiva.
I gufi del mondo magico, così efficienti e celeri, devono essersi appisolati per avere recapitato le lettere agli studenti giusto in tempo per i G.U.F.O. e vivere l’avventura che nessun altro gioco a tema ha mai saputo donargli a oggi. Hogwarts Legacy è questo: un’epistola d’amore a chi è rimasto appollaiato alla finestra per tutto questo tempo, in attesa che un possente rapace potesse riaccendere il loro sogno di undicenni. Da ciò, dalla forza magica di Harry Potter, trae inevitabilmente il suo maggiore spessore, spogliato del quale si rivela un open world con tipologie di attività e contenuti non dissimili dallo standard del genere. I babbani siano quindi avvisati, mentre per chi ha superato i M.A.G.O. è un’esperienza da non farsi scappare. Fatto il misfatto.
Attendiamo solo il prossimo gufo che ci recapiterà la versione ancora in sviluppo per Nintendo Switch, programmata per il 25 luglio 2023, sperando che il messaggio legato alla zampa del rapace non sia una strillettera.
Voto: 8.5
Hogwarts sfoggia un level design e una cura per i dettagli da rappresentare davvero la casa per ogni Potterhead
Musiche commoventi (almeno per i fan)
Rapporto tra quantità e qualità dei contenuti ottimale
Qualche imprecisione nella gestione della telecamera e nella risposta dei comandi durante i combattimenti
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