Chi di noi non ricorda con un sorriso la prima volta che ha acceso la nostra console per iniziare l’avventura nel mondo dei Pokémon? Personalmente, spesso mi capita di ripensare con nostalgia a quella goccia di rugiada sul logo di Game Freak e alla concitante introduzione delle avventure di Pokémon Rubino, giocato su un ormai vecchio (ma ancora funzionante!) Game Boy Advance SP. I momenti di scoperta, di sfida, di stupore e il legame con le prime creature catturate e allenate sono i ricordi che ci legano a questa serie di videogiochi. Ancora oggi, questo fantastico mondo riesce a regalare le medesime sensazioni, sia ai nuovi Allenatori sia ai veterani. Che vi siate avvicinati alla serie con la prima o l’ultima generazione non importa, perché il batticuore nell’intraprendere un viaggio in compagnia dei propri Pokémon è prova di un’emozione unica e genuina!
Cosa succede dietro le quinte di Game Freak? Quali sono i processi creativi che portano a scegliere un design piuttosto che un altro? Quanto contenuto è stato tagliato dai videogiochi? Queste (e molte altre) sono domande che i fan si pongono. Noi di Pokémon Millennium vogliamo provare a rispondere, facendoci aiutare da interviste esclusive e materiale inedito.
Benvenuti nella nuova rubrica Tempovia – Viaggio nel mondo dei videogiochi Pokémon. Come Celebi che attraversa il tempo, così noi vi porteremo in un viaggio alla scoperta della storia e del mondo dei videogiochi Pokémon.
In questo primo articolo, visiteremo direttamente gli uffici di Game Freak. Nel numero del 23 maggio 2019 della rivista nipponica Famitsu, Junichi Masuda ha rilasciato un’intervista in cui ha parlato della storia dell’azienda e del rapporto con Satoshi Tajiri. Se siete pronti a intraprendere questo viaggio nel tempo insieme a noi, seguiteci: Tempovia inizia ora!
NOTA: come fonte principale è stata utilizzata la traduzione dell’intervista pubblicata da Dr. Lava (che potete leggere a questo link). Grazie al contributo di HiResPokemon e Jacob Newcomb che ha reso fruibili questi materiali inediti ed esclusivi.
Game Freak: da rivista di videogiochi a casa di sviluppo
Il nostro viaggio temporale parte dal Giappone degli anni ’80, momento di grande rivoluzione per il mondo dei videogiochi. Quel periodo, infatti, fu segnato da una grave crisi dell’industria videoludica, che portò piccole imprese a chiudere, mentre altre realtà aziendali riuscirono a emergere grazie alla loro capacità di diversificazione sul mercato, come Nintendo e Sega, con le rispettive console Famicom (o NES, Nintendo Entertainment System, 1983) e Sega Master System (1985). Da diverso tempo, inoltre, già spopolavano le sale giochi, che proprio in quegli anni raggiunsero la loro epoca d’oro grazie ai giochi arcade, con titoli come Space Invaders e Pacman.
Di pari passo al successo dei videogiochi, iniziavano a essere stampate anche le riviste specialistiche. Fu a cavallo tra il 1981 e il 1982 che nacque Game Freak, una rivista dedicata al mondo videoludico, creata da un gruppo di amici che condividevano la passione per i videogame. A dirigere la produzione e la pubblicazione era Satoshi Tajiri, appassionato di videogiochi (e di insetti, ma di questo parleremo successivamente) e abituale frequentatore di sale arcade. Tajiri, nel 1981, decise di condividere le proprie conoscenze in campo videoludico, facendo della rivista l’occasione perfetta per fare dietrologia sui titoli giocati e per redigere le guide strategiche degli stessi. Forte del supporto che il mercato nipponico dava alle riviste autoprodotte (le dōjinshi), nel suo primo anno Game Freak riuscì a ottenere un modesto successo, suscitando una certa curiosità in Ken Sugimori, che ne diventò illustratore ufficiale.
“Per cominciare, può raccontarci come è arrivato a lavorare in Game Freak?”. Inizia così l’intervista di Famitsu del maggio 2019 fatta a Junichi Masuda, uno dei fondatori di Game Freak, Inc. e oggi Chief Creative (Capo Creativo) di The Pokémon Company.
Classe 1969, Junichi Masuda ha sempre avuto una forte vocazione per la musica. Amante delle sinfonie di Stravinsky e di Shostakovich, durante l’adolescenza imparò a suonare il pianoforte e il trombone. Al suo talento come musicista si univa un profondo interesse per i videogiochi e la tecnologia, tanto da frequentare il “Japan Electronics College” di Tokyo, dove conobbe proprio Satoshi Tajiri.
Intenzionati a entrare nel mondo dello sviluppo e della programmazione dei videogiochi, Tajiri e il suo gruppo erano alla ricerca di una figura che possedesse conoscenze musicali e che fosse in grado di comporre musica per i loro lavori. Dopo un primo incontro con Tajiri stesso, Masuda raccolse le sue produzioni e le presentò al team di Game Freak. In quel periodo lui già si stava formando come programmatore per un’altra azienda, ma iniziò la sua collaborazione con Game Freak nei fine settimana.
Durante l’intervista con Famitsu, Junichi Masuda ricorda la prima impressione avuta entrando nello studio. Game Freak non aveva ancora un’identità societaria e si stavano autoproducendo in un modesto appartamento di Shimokitazawa, quartiere a poca distanza da Shibuya e Shinjuku (successivamente il loro quartier generale divenne la Carrot Tower, per poi passare nel 2020 in un nuovo edificio di proprietà Nintendo). Ridendo, racconta che tante erano le persone che entravano e uscivano da quell’appartamento, tra le quali militava già Ken Sugimori.
L’inizio del rapporto lavorativo tra Masuda e il gruppo di Tajiri coincise con il periodo di sviluppo del primo titolo targato Game Freak, Quinty (localizzato in Occidente con il titolo Mendel Palace), un puzzle game con rompicapi da risolvere capovolgendo i tasselli del pavimento a schermo. Questi primi lavori di programmazione, racconta lo Chief Creative di The Pokémon Company, erano molto “grezzi”, con semplici software di programmazione e macchine talvolta assemblate dai ragazzi stessi di Game Freak.
Quinty fu pubblicato da Namco sulla console NES: era il 26 aprile del 1989, data che segnò il passaggio di Game Freak dalla piccola editoria autoprodotta a casa di sviluppo nell’industria videoludica.
Game Freak entra nell’industria videoludica
La neonata azienda continuò a sviluppare altri titoli. Dopo due anni da Quinty, infatti, vide la luce sullo SNES il gioco Jerry Boy (localizzato come Smart Ball), un platform che seguiva le vicende di Jerry, un giovane principe trasformato in gelatina da un tremendo maleficio. In concomitanza con tale titolo, iniziarono i primi lavori su Capsule Monster, la concept art primordiale dei Pokémon. Era il 1991 e le prime versioni di Pokémon sarebbero uscite nel 1996.
“[…] I Pokemon sono stati lanciati nel 1996, ci avete davvero lavorato per così tanto tempo?“. Masuda conferma che i lavori di sviluppo sui mostriciattoli tascabili necessitarono di sei anni, viste non solo le svariate modifiche apportate alle idee del gioco (a cui si pensava già dal 1990), ma anche i diversi problemi sorti in corso d’opera.
Sempre nel 1991, Game Freak sviluppò Yoshi, per le piattaforme NES e Game Boy, su esplicita richiesta di Gunpei Yokoi, la mente dietro la creazione della console portatile di Nintendo. Il titolo dedicato all’eroe del Regno dei Funghi si rivelò essere un grande aiuto per le finanze di Game Freak: visto il successo del gioco, l’azienda poteva godere di una buona base di fondi per portare avanti il “progetto Pokémon” (così chiamato da Tajiri in un manga autobiografico), che richiedeva non solo investimenti in termini di manodopera ma anche (e soprattutto) economici. In Game Freak decisero di alzare l’asticella, sviluppando negli anni successivi altri due giochi, Mario e Wario per lo SNES (1993) e Pulseman per il Sega Mega-Drive (1994).
Come abbiamo già detto, lo sviluppo dei primi giochi Pokémon non fu particolarmente semplice per Game Freak. Masuda, infatti, racconta che l’azienda visse un forte momento di crisi quando i tre programmatori decisero di dimettersi tutti insieme. Tajiri, concentrando tutte le forze esclusivamente sulla programmazione di Pokémon, era convinto di poter portare a termine il progetto, soprattutto in vista dell’imminente fine del ciclo vitale del Game Boy, console su cui stavano lavorando. Tuttavia, il carico di lavoro, ripartito tra soli tre programmatori, fu talmente intenso da portarli a licenziarsi. Fu in questo momento che Junichi Masuda si fece carico della situazione, cercando di “incanalare quella frustrazione in studio e duro lavoro”, come lui stesso ha affermato.
La crisi dovuta al licenziamento dei programmatori è raccontata in un manga autobiografico di Satoshi Tajiri, pubblicato nel 2018 e mai localizzato al di fuori del confine nipponico (di cui potete leggere alcune tavole sul sito di Dr. Lava che vi abbiamo lasciato nella nota a inizio rubrica).
Il lavoro di sviluppo di Pokémon poté quindi continuare, ma non mancarono ulteriori ostacoli, questa volta di tipo tecnico. Per il momento non ci soffermeremo su di essi, poiché verranno trattati in un prossimo articolo di Tempovia. Ciò che serve sapere ora è che fu fondamentale l’intervento di Tsunekazu Ishihara (fondatore e precedente CEO di Creatures, Inc. e ora presidente e CEO di The Pokémon Company) e Shigeru Miyamoto (attualmente amministratore e direttore generale di Nintendo). In particolare, Masuda racconta che fu Ishihara a intervenire direttamente nei lavori, con i suoi preziosi consigli sul sistema di combattimento e sull’efficacia e le interazioni tra i tipi.
Dopo tanto lavoro, il 27 febbraio 1996 Pokémon Rosso e Pokémon Verde vennero lanciati in Giappone, diventando ben presto un fenomeno mondiale. Il successo esplosivo dei primi titoli della serie influenzò prepotentemente il mercato del Game Boy, che riuscì a guadagnare, in termini di vendite, una longevità non prevista, sia in Oriente sia in Occidente (qui con le versioni Rosso e Blu).
I giochi che seguirono furono quelli della seconda generazione, Pokémon Oro e Pokémon Argento, pubblicati nel 1999 su Game Boy Color. Dopo l’uscita di questi titoli, lo tsunami della Pokémon-mania era incontenibile e tutti, Nintendo in primis, erano determinati a continuare la serie. Tuttavia, l’umore in Game Freak era incerto: da un lato c’era un forte desiderio di continuare con i giochi Pokémon, dall’altro c’era la necessità di una pausa. Ricordiamo, infatti, che prima di Pokémon Rubino e Pokémon Zaffiro, Game Freak era reduce non solo dallo sviluppo di Oro e Argento, ma anche di Pokémon Cristallo, rilasciato nel 2000, solo due anni prima dei titoli di terza generazione.
Il 21 novembre 2002, Pokémon Rubino e Pokémon Zaffiro furono rilasciati in Giappone, i primi titoli della serie ad approdare su Game Boy Advance. Le maggiori caratteristiche hardware della neonata console portatile di Nintendo spinsero per un rimaneggiamento dei giochi di prima generazione, con i remake Pokémon Rosso Fuoco e Pokémon Verde Foglia (2004), che venivano arricchiti sia nella grafica sia nelle meccaniche di gioco, per esempio con l’introduzione delle abilità.
Concluso il ciclo di terza generazione, Game Freak si concesse l’agognata pausa dalla serie Pokémon, sviluppando Drill Dozer, lanciato nel 2005 per Game Boy Color. Parlando di questo platform, nell’intervista con Famitsu, Masuda esprime il rammarico dell’azienda nell’essere sempre un “passo indietro” rispetto ai tempi e agli altri sviluppatori; in effetti, il Nintendo DS era già uscito mentre Game Freak continuava a produrre giochi per la famiglia Game Boy Advance, proprio come Drill Dozer. Anche per Pokémon Diamante e Perla la sensazione fu la medesima: mentre altri sviluppatori sperimentavano già con grafiche in tre dimensioni, sfruttando al massimo le caratteristiche del DS, la casa di sviluppo della Carrot Tower continuava a utilizzare, nel 2005, sprite 2D.
“Quindi è stata una sensazione simile a quella di quando avete rilasciato Pokemon Rosso e Verde?
Masuda: “Forse per noi di Game Freak, sì. Avevamo ancora solo 30 o 40 persone in azienda (ride). All’epoca non lo sapevamo, ma il software che usavamo era molto indietro rispetto a quello che usavano le altre aziende. Voglio dire, nel 2005 stavamo ancora realizzando giochi basati sugli sprite, mentre gli altri sviluppatori utilizzavano una splendida grafica 3D, giusto?“.
Junichi Masuda, Famitsu, 23 maggio 2019
In tal senso, viste le parole di Masuda, noi ci sentiamo di dire che la situazione, nel tempo, non è cambiata, visto quanto successo con Pokémon Bianco e Nero (e relativi sequel), rilasciati su Nintendo DS mentre il 3DS già si affermava sul mercato. Certo, in tal caso le variabili di questo “ritardo” potrebbero essere molteplici, soprattutto sul lato del marketing, magari nel tentativo di replicare il fenomeno avvenuto con il Game Boy e i primi titoli Pokémon.
Dopo la pausa con Drill Dozer, Game Freak si dedicò interamente alla serie di videogiochi Pokémon, rilasciando Pokémon Diamante e Perla (2005), Pokémon Platino (2008), Pokémon Oro HeartGold e Argento SoulSilver (2009), Pokémon Bianco e Nero (2010) e Pokémon Bianco 2 e Nero 2 (2012). La catena di produzioni dedicate ai mostriciattoli tascabili venne interrotta nel 2012, quando fu pubblicato HarmoKnight, per Nintendo 3DS.
Gear Project
HarmoKnight è stato il primo gioco a essere ideato e progettato mediante il sistema chiamato Gear Project. Per descriverlo in maniera semplice, potremmo definire questa strategia come un’iniziativa aziendale dove i creativi di Game Freak propongono un’idea su cui lavorare, da far approvare e da sviluppare per testarne la funzionalità. Nulla di particolare, direte voi, se non fosse per le ragioni che hanno portato alla nascita di tale sistema e per come esso viene applicato. Il Gear Project, infatti, ha un funzionamento più complesso della lineare strategia idea-approvazione-sviluppo, un sistema che, a partire dal sopracitato HarmoKnight, continua ancora oggi a influenzare non solo i processi creativi dei giochi, ma l’intero assetto organizzativo di Game Freak.
Il motivo per cui si è sentita la necessità di adottare una strategia aziendale come il Gear Project è stata la volontà della software house di proporre prodotti nuovi e slegati dal mondo dei mostriciattoli tascabili, che, a causa della loro enorme popolarità, l’hanno ridotta a essere riconosciuta solo come la “casa dei Pokémon”, limitandone in qualche modo l’affermazione come casa di sviluppo eterogenea e trasversale. Lavorare a progetti diversi ha permesso a Game Freak di interfacciarsi con realtà diverse, come successo con i titoli Tembo the Badass Elephant (2015), Giga Wrecker (2017), Little Town Hero (2019) e il recente Pocket Card Sockey: Ride On! (2024), che hanno portato l’azienda sulle piattaforme Sony e Microsoft e sui dispositivi mobile.
Parallelamente a questi titoli, Game Freak ha continuato a lavorare ai progetti Pokémon, da Pokémon X e Y (2013) ai recenti Pokémon Scarlatto e Violetto (2022). Anche qui abbiamo potuto constatare alcuni cambi di rotta e nuovi approcci ai giochi della serie. Un esempio è sicuramente la manovra effettuata sui remake di quarta generazione: per la prima volta, infatti, dei titoli della serie principale sono stati affidati a uno studio esterno, I.L.C.A., con Masuda come supervisore. Pokémon Diamante Lucente e Perla Splendente (2021) sono poi stati affiancati da Leggende Pokémon: Arceus (2022), un gioco innovativo, che ha offerto ai giocatori una narrativa più matura, un livello di difficoltà maggiore e un gameplay fuori dai cardini a cui i giochi Pokémon erano ancorati dal 1996.
Compresi i motivi dietro al Gear Project, arriviamo alla sua applicazione. Di fatto, l’organico di Game Freak è stato diviso in due team di sviluppo, semplicemente chiamati Production Team 1 e Production Team 2. Mentre il Team 2 è interamente dedicato ai giochi della serie Pokémon, il Team 1 adotta il metodo del Gear Project, dedicandosi quindi a nuove IP.
Ogni membro del Team 1 può proporre un’idea che, se sostenuta da almeno altri due membri, viene presentata ai dirigenti, i quali decidono se procedere. Una volta soddisfatto tale criterio, si passa a una fase di test, in cui i concept iniziali (proposti e accettati in prima istanza) vengono resi giocabili. Solo dopo aver valutato questa prima fase di giocabilità, si decide se proseguire con lo sviluppo o se scartare il progetto per passare a un’idea successiva.
Nel numero di Famitsu che abbiamo preso come riferimento sin dall’inizio della rubrica, è presente un’altra intervista dedicata a Game Freak (con Shigeru Ohmori, Kazumasa Iwao, Masayuki Onoue e Masafumi Saito), dal titolo “Starting the Gear Project Without Letting Pokemon’s Popularity Go to Waste”, cioè “Avviare il Gear Project senza lasciare che la popolarità di Pokémon vada sprecata”. Il titolo, di per sé, ci concede un interessante spunto di riflessione: Game Freak pare non intenda rinunciare al successo e agli introiti dei giochi Pokémon, ma al contempo cerca costantemente di creare qualcosa di nuovo e di diverso, che sia entusiasmante quanto (o addirittura più) dei giochi Pokémon stessi.
Applicando il sistema del Gear Project, gran parte delle attenzioni della software house sembrano quindi dirette verso il Production Team 1. Ricordiamo, inoltre, che il marchio del brand Pokémon è suddiviso tra diversi azionisti (Nintendo Co., Ltd., Creatures, Inc. e Game Freak, Inc.), il che significa che Game Freak non ha il pieno controllo sui videogiochi della serie, sentendosi limitata sotto diversi aspetti. Questo porta la casa di sviluppo a dare priorità al Team 1 e al Gear Project, guadagnando così piena proprietà sia creativa che finanziaria.
Attenzione, ciò non vuol dire che Game Freak non dia a Pokémon la giusta attenzione, ma è il sintomo che, dal punto di vista aziendale, si pone priorità e obiettivi che vanno al di là del franchise. La passione verso il mondo dei mostriciattoli tascabili è, d’altronde, uno dei motivi che hanno reso possibile l’affermazione di Game Freak nell’industria videoludica. L’idea alla base del mondo Pokémon è insita nella cultura e nell’ideale dell’azienda. La sua filosofia, come è possibile leggere sul sito ufficiale, è:
“Dare, al popolo del mondo, godimento, divertimento e scoperta continua nella creazione di giochi di qualità superiore. E incutere coraggio, speranza, bontà, sogni e uno spirito avventuroso“.
Game Freak, Inc.
Questa visione è evidente nei giochi Pokémon, dove ogni giocatore, vestendo i panni di un giovane Allenatore, è chiamato a combattere contro i team malvagi, esplorando le diverse regioni in compagnia dei suoi fedeli Pokémon. Coraggio, speranza, bontà sono tutti valori che ritroviamo in ogni avventura.
Prima di salutarvi, riteniamo necessario dedicare un piccolo spazio ad alcuni rumor che in questi mesi hanno messo sotto i riflettori proprio Game Freak e il suo sviluppo dei giochi. Come vi abbiamo già segnalato in un precedente articolo (che potete leggere a questo link), sembra che The Pokémon Company abbia aperto una nuova società filiale, il cui marchio risulta registrato come “Pokémon Works“. Tuttavia, non ci sono ancora notizie ufficiali o specifiche, ma rimane comunque interessante la sede della filiale che, a quanto pare, sarebbe a Shinjuku (Tokyo), nello stesso edificio di I Love Computer Art (I.L.C.A.). Questa informazione ha fatto sorgere molti interrogativi su “Pokémon Works“, aprendo il campo a diverse ipotesi che vedono questa nuova società come un sostegno a Game Freak nello sviluppo dei giochi.
Tra aneddoti, emozioni e sensazioni dei protagonisti, si conclude qui il nostro viaggio nella storia di Game Freak. Nel prossimo appuntamento con Tempovia – Viaggio nel mondo dei videogiochi Pokémon daremo voce a Satoshi Tajiri, leggendo e commentando alcune pagine del suo libro “New Game Design”. Non mancate!
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