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Il figlio ha disturbi sociali, per la madre la colpa è anche dei Pokémon

Un uomo di 38 anni vive isolato e senza rapporti sociali, poiché ha scelto di essere un hikikomori. Per la madre la colpa è anche dei Pokémon.

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   · 3 min lettura Mondo
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Ha detto che avrebbe giocato a Pokémon per sempre e, finora, sta tenendo fede alle sue parole.

È la storia di un uomo di 38 anni che vive in Giappone e ha scelto la strada dell’isolamento sociale. Si tratta di un hikikomori, termine utilizzato per indicare un fenomeno diffuso nel Paese del Sol Levante, riferito a tutte quelle persone che decidono di ritirarsi dalla vita sociale, spesso cercando un isolamento estremo e confinandosi nella propria stanza o nella solitudine per tutta la vita. Le cause che hanno portato il fenomeno ad affermarsi sono molteplici, ma la più grande è da cercarsi nella pressione sociale a cui sono sottoposti i giapponesi fin dalla più tenera età, che è volta alla realizzazione di sé stessi e al successo personale, unita a contesti familiari che vedono spesso la figura paterna assente e quella materna eccessivamente protettiva. Quando la vita diventa un susseguirsi di sfide per essere sempre i migliori, i livelli di stress sono altissimi e gli hikikomori hanno deciso di correre ai ripari chiudendo le porte al mondo esterno e dedicandosi ad attività che non prevedono alcun tipo di rapporto sociale.

Una mamma preoccupata, però, ha deciso di inserire anche i Pokémon tra i motivi del ritiro dalla società del figlio, ora trentottenne. Sui social network, la donna si è sfogata sia contro le pressioni sociali che contro quel videogioco a cui l’uomo ha deciso di dedicare una fetta fin troppo importante della propria vita. È stata lei stessa, afferma, ad aver regalato un videogioco dei Pokémon al figlio adolescente. Dopo la maturità e poco prima della fine del college, tuttavia, il ragazzo ha affermato di voler dedicare la propria vita alle creature tascabili, e così ha fatto. Nonostante gli ottimi voti, ha deciso di abbandonare gli studi e, a 38 anni, vive con la madre e non ha un lavoro.

Nonostante le parole forti della donna, convinta che l’alienazione del figlio sia stata causata anche dai Pokémon, il brand ha da sempre promosso la collaborazione tra i giocatori e la socializzazione. Infatti, come è già stato affermato nella rubrica Abbattiamo i muri: i videogiochi non sono per soli bambini (e altri luoghi comuni da sfatare), i titoli Pokémon sono sempre stati rilasciati a coppie e con mostriciattoli esclusivi dell’una o dell’altra versione, per favorire gli scambi senza i quali sarebbe stato impossibile completare il Pokédex. I Pokémon sono i protagonisti di un videogioco che non è adatto alla solitudine e, per vivere l’esperienza a 360°, è necessario giocare in gruppo. Persino Pokémon GO, applicazione di successo di Niantic, ha favorito lo sviluppo di enormi community in molte città del mondo, anche italiane, e si basa sulla collaborazione e sulla socializzazione.

Il fenomeno degli hikikomori è molto difficile da gestire, poiché raccoglie tutti coloro che hanno rinunciato alle battaglie quotidiane che, in Giappone, portano alla vittoria dei migliori e spingono le persone a superare i propri limiti per risultati d’eccellenza. I Pokémon non isolano i giocatori, ma favoriscono i rapporti sociali e rappresentano un modo divertente e spontaneo di distaccarsi dalla realtà senza, però, perderla mai di vista.

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