Redazione
La celebre testata videoludica americana IGN ha pubblicato un’intervista rilasciata da Hidemaro Fugibayashi, Takuhiro Dohta e Satoru Takizawa, rispettivamente direttore, direttore tecnico e direttore artistico di The Legend of Zelda: Breath of the Wild. In essa vengono svelati alcuni retroscena sullo sviluppo del gioco.
Fujibayashi ha dichiarato che la composizione iniziale del team che ha lavorato all’ideazione del titolo era di 10 persone e che, più in generale, piccoli gruppi di sviluppatori possono occuparsi anche per più di un anno di un progetto, prima che venga partorita un’idea di gioco dettagliata.
Una volta completata la bozza iniziale, essa viene mostrata al resto dello staff, il quale dà il via al lavoro vero e proprio. Dohta ha invece affermato che, inizialmente, l’unica sua certezza si basava sull’idea di creare una mappa di gioco molto grande. Grazie a questa base il team ha poi iniziato il lavoro di sviluppo.
Riguardo al prototipo 2D di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, Takizawa ricorda che lui e il direttore tecnico avevano iniziato a discutere delle scelte di design prima ancora di diventare a tutti gli effetti membri del gruppo di lavoro. Dopo aver terminato il prototipo, questo è stato mostrato a Shigeru Miyamoto, supervisore dei lavori, il quale, pur non essendo un programmatore, aveva notato subito la genialità dell’idea.
Il lavoro di sviluppo del titolo è andato avanti e, dai feedback riscontrati dopo i test, Fujibayashi e il resto del gruppo si sono resi conto che le idee partorite – quelle migliori, ma anche quelle peggiori – seguivano tutte una stessa linea e presentavano dei tratti in comune. L’obiettivo era quello di uscire dai classici schemi e di dare al videogiocatore un nuovo senso del divertimento.
Il direttore tecnico ha infine affermato che lo scenario del Gran Plateau è stato l’elemento che più ha rappresentato l’idea del videogioco, e che esso è stato concepito all’inizio dei lavori. Ovviamente, sono state apportate successive migliorie e aggiunte, ma sempre mantenendo il filo conduttore che ha caratterizzato tutto il titolo: il senso del selvaggio.
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