Redazione
Nintendo Switch è stata resa disponibile nei negozi di tutto il mondo da poco più di un mese, registrando ovunque un ottimo successo di vendite. Così, proprio come i registi amano rivelare i segreti dietro le riprese dei propri film quando sfilano sul red carpet, anche gli autori della neonata console del colosso di Kyoto non si stanno risparmiando in termini di interviste.
Iniziamo a trattare le numerose e davvero intriganti informazioni rilasciate al settimanale giapponese Famitsu, da parte di Shinya Takahashi e Yoshiaki Koizumi, figure di primissimo piano nella creazione della console ibrida marcata Nintendo. Il primo, insieme al compianto presidente Satoru Iwata, Genyo Takeda e Shigeru Miyamoto, fu uno dei quattro partecipanti alla tavola rotonda in cui si decise che i tempi fossero propizi per la creazione di un nuovo hardware e che Koizumi ne sarebbe stato uno dei due responsabili. Quest’ultimo era a quel tempo (ci si riferisce al 2014) uno degli impiegati presso gli studi di Tokyo, quando improvvisamente ricevette una telefonata da Iwata in persona che gli disse di recarsi a Kyoto per lavorare, con Kouichi Kawamoto, a una nuova macchina.
La scelta verso queste due personalità avvenne in primo luogo per il loro non essere “nintendosi”, in quanto possessori della capacità di partorire idee folli e del tutto fuori dagli schemi classici di Nintendo. Un’altra importantissima motivazione è derivata dal loro diverso bagaglio professionale: infatti, mentre Koizumi si è sempre occupato del settore casalingo, partecipando a titoli del calibro di Super Mario 64, Kawamoto è stato una figura di spicco del ramo portatile, dovendosi a lui giochi quali Brain Training del Dr. Kawashima: Quanti anni ha il tuo cervello?: la presenza di due talenti così dissimili era dunque l’ideale per il compimento di una console che fosse al contempo sia fissa che portatile.
Lo sviluppatore ha sottolineato come l’ex presidente abbia lasciato totale carta bianca nella ideazione della nuova macchina, e come non ci fosse alcun bisogno di attendere un’autorizzazione a procedere in un certo modo poiché Iwata era sempre disponibile a sedere insieme a loro per discutere dal vivo dubbi e perplessità: egli era infatti un ingegnere e spettava a lui l’ultima parola circa la realizzabilità materiale di ogni idea.
Lo scopo dei due sviluppatori nipponici, era quello di ottenere una console che permettesse di riunire tutte le tipologie di videogiocatori, e per fare ciò era necessario permettere di giocare sia a casa che fuori. Secondo Koizumi, Nintendo ha da sempre tentato di attrarre il pubblico più ampio possibile e per la creazione di Switch sono state passate in rassegna tutte le idee portate avanti dalla grande N in ogni progetto passato. Curiosamente, tale espressione non si riferisce esclusivamente alle precedenti console, infatti per la creazione di 1-2 Switch si tornò al tempo in cui Nintendo si occupava di distribuire giochi di carte: da qui l’idea di un gioco in cui gli sfidanti si guardano negli occhi e non poggiano lo sguardo su di uno schermo.
L’intervistato ha inoltre aggiunto che l’idea di inserire una linguetta che permettesse di usufruire della console poggiandola su di un tavolo, gli è venuta in mente per via del viaggio in treno da Tokyo a Kyoto (e ritorno) che era costretto a compiere ogni giorno: lo sviluppatore ha infatti dichiarato che è fantastico adesso poter giocare a The Legend of Zelda: Breath of The Wild durante i suoi continui spostamenti.
Interrogato poi circa la mancanza di un secondo schermo nella nuova console ibrida, nonostante la sua implementazione appaia in tutti i componenti della famiglia Nintendo DS e 3DS e in Nintendo Wii U, Koizumi ha dichiarato che questa scelta è sempre stata presente sia dai primissimi progetti, in quanto, non esistendo televisioni con due schermi, si voleva fornire la medesima esperienza di gioco in tutti i possibili utilizzi di Switch.
Koizumi ha poi spiegato da dove è partita l’idea per l’implementazione di due Joy-Con separabili all’interno di Switch: secondo lo sviluppatore, da quando con il Nintendo 64 si iniziò a fornire un solo controller per ogni console, implicitamente si spinsero gli sviluppatori a concentrarsi su titoli per il gioco individuale. Fornendo due dispositivi di controllo ad ogni acquirente, invece, si ha la certezza che le modalità multigiocatore non resteranno prerogativa esclusiva di coloro che avranno speso ulteriori soldi per l’acquisto di un secondo pad.
Per quanto riguarda l’aspetto puramente tecnico, Takahashi ha ammesso che la grafica dei giochi per Nintendo Switch rappresenta il risultato di un compromesso che permetta una buona resa grafica sullo schermo della tv, ma allo stesso tempo permetta una durata sufficiente della batteria: per fare un esempio, egli ha affermato che se si fossero concentrati per massimizzare l’aspetto grafico, persino 30 minuti di gioco in mobilità sarebbero stati eccessivi!
Infine, anche la scelta del nome è stata suggerita dalla volontà di rompere col passato, discostandosi sia da qualcosa che riportasse alla mente sia Wii e Wii U che DS e 3DS: si decise di utilizzare una parola non inventata, ma di uso comune (Switch in lingua anglofona significa “interruttore“), che simboleggiasse il cambiamento. La scelta avvenne dopo aver selezionato migliaia di nomi, ma alla fine “Nintendo Switch” piacque a tutti, sia in Giappone che nelle filiali estere.
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