Si è da poco concluso il 23° Electronic Entertainment Expo nella splendida cornice di Los Angeles. La grande N è stata senza dubbio uno dei protagonisti indiscussi della fiera. Lo stesso Shigeru Miyamoto è intervenuto annunciando l’attesissimo crossover tra Mario e Rabbids.
Il creatore di Mario ha concesso un’intervista a IGN, nella quale ha parlato dello sviluppo e dell’evoluzione dei titoli del famoso idraulico baffuto.
Pare che Miyamoto sia solito concedere molta libertà al suo staff oltre che coinvolgere molte giovani menti, in modo da creare sempre nuovi modi di giocare.
C’è un numero limitato di cose che puoi creare per conto tuo. È importante coinvolgere anche i giovani creativi. Penso che renda tutto molto più divertente.
Tuttavia anche in casa Nintendo esistono dei limiti ed è fondamentale che vengano rispettati.
Avete piena libertà di azione fino a questo punto ma non andate oltre. Questo è ciò che non voglio cambiare.
Se parliamo di team interni, capiscono bene il concetto nonostante a volte cerchino di portare quel confine un poco più avanti. Quando però si tratta di partner esterni, faccio sì che quella linea sia assolutamente invalicabile. Ci sono occasioni in cui sono stranamente aperto ed è il team a preoccuparsi troppo, mentre in altri casi sono irremovibile su determinate questioni.
Riguardo al nuovo titolo in arrivo su Nintendo Switch, Super Mario Odyssey, il nostro sviluppatore ha commentato l’idea di Mario in New Donk City, una città molto simile a New York, definendola una vera sfida.
Ero preoccupato da come i giocatori avrebbero reagito nel trovarsi in un mondo dove Mario è di una certa statura e le persone normali sono un po’ più alte. O il fatto che a quella stessa gente non importi che Mario salti su e giù ovunque. Ma, detto questo, credo di aver capito che il personaggio Pauline sia già esistito e che l’idea di questo gioco ambientato in città avrebbe funzionato bene. E così l’abbiamo abbracciato con maggiore convinzione.
Creare nuovi personaggi è sempre divertente, ma il motore che spinge il team di Mario è il desiderio di portare i vecchi personaggi in situazioni sempre nuove.
Fondamentalmente penso sia l’ideale per noi impegnarci perché vecchi personaggi facciano cose nuove. Quando c’è l’introduzione di una nuova meccanica di gioco e, al tempo stesso, di un nuovo personaggio che vi si adatti bene, penso sia un’ottima cosa. Ma sono un po’ esitante nel momento in cui qualcuno prova a spingere i propri pensieri in modo eccessivo con il solo obiettino di creare nuovi personaggi in continuazione.
Da bambino avrei voluto essere un mangaka. Se lo diventi, hai in genere questo personaggio simbolico che ti rappresenta e cerchi di utilizzarlo in molte storie ed episodi diversi che vai a creare, un po’ come Hitchcock era in ogni suo film. Per me, Mario è proprio quel personaggio simbolo e voglio creare quanti più giochi possibili che lo includano. Il potenziale e le possibilità sono convinto che ancora non manchino.
Parto proprio dalla meccanica di gioco, poi cerco di assicurarmi che il personaggio inserito nel gioco si sposi bene con quella meccanica. Se dividete le cose in macro categorie potete scegliere la via di Mario o quella di Zelda. Poi, per esempio, con un gioco come Luigi’s Mansion ho pensato che Luigi fosse il personaggio per quel tipo di gioco, ed ecco come si è venuto a creare. E personaggi come i Pikmin, per il tipo di meccanica che i giochi attuali della serie hanno, erano perfetti.
Il personaggio di Mario è mutato molto nel corso degli anni, grazie alla tecnologia e alle innovazioni. Sembra che l’idea iniziale di Miyamoto fosse una sorta di via di mezzo tra l’originale modello 2D dei primi giochi e il suo design attuale.
Mi sento davvero un mangaka, avevo questo concetto di Mario e sembrava molto più realistico delle immagini 2D che eravamo in grado di realizzare. Ma poi, quando si è arrivati a Super Mario World, c’è stato questo artista giapponese, Yoichi Kotabe, capace di creare una versione più evoluta di Mario. E ancora, passati a Super Mario 64, Mario si è trasformato da disegno 2D a personaggio in tre dimensioni.
Il padre di Mario si è espresso anche sulla possibilità di rivisitare qualcuno dei suoi vecchi giochi.
Sento di non voler fare il remake di nessuno di loro. È molto più naturale creare nuovi giochi e nuove meccaniche.
Prima avevamo solo una semplice meccanica con cui lavorare, dunque non potevamo far altro che cercare di rifinirla ogni volta. Adesso invece abbiamo la libertà di realizzare tutti quei diversi tipi di espressioni, di gestione delle risorse, insomma cose di questo genere. Perciò mi sento come se alle nostre possibilità si sia aggiunto molto più di un semplice limare il gioco.
Nonostante lo sviluppo della tecnologia è ancora molta l’importanza che viene data ai controlli fisici e al movimento.
Non voglio vedere il mondo andare nella direzione dove basta pensare per far funzionare le cose, o controllare con il semplice movimento degli occhi.
Sono davvero convinto che il movimento sia divertente e in quel senso c’è molta più possibilità di evoluzione all’interno di un gioco. Per esempio, persino il sensore giroscopico di cui disponiamo adesso è necessario calibrarlo perché funzioni. Forse in futuro leggerà in qualche modo i poli magnetici o l’asse terrestre così da non dover essere calibrato, o arriverà praticamente a non utilizzare elettricità. Sarebbe molto, molto interessante.
Miyamoto è inoltre rimasto molto colpito dagli stage di Super Mario Maker progettati dai giocatori.
È bello che ci siano persone in grado di realizzare idee così creative. Mi rende molto felice. Quando penso ai giochi, è importante che il giocatore sia in grado di dare libero sfogo alla propria creatività all’interno di uno spazio libero: è qualcosa che cerco di avere in ogni titolo che mettiamo sul mercato.
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