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[RECENSIONE] Xenoblade Chronicles 2 per Nintendo Switch

Scopriamo Xenoblade Chronicles 2, il nuovo titolo della serie che approda finalmente su Nintendo Switch, in una recensione senza spoiler!

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   · 18 min lettura Nintendo Recensioni
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Xenoblade Chronicles 2 è un titolo sul quale la grande N ha deciso di puntare fin da subito, come testimonia il suo inserimento in line-up fin dagli albori del 2017, e a dire il vero non gli si può dare neanche torto: non solo in passato ci sono stati ottimi risultati, vedi i 92 punti di media su Metacritic del primo Xenoblade, ma c’è anche da dire che il team dietro al nuovo Chronicles 2 parla da solo. Da una parte abbiamo la Monolith Soft, software house di tutto rispetto già madre dei precedenti Xenoblade e Xenosaga; dall’altra svariate collaborazioni, come quella con Yasunori Mitsuda, compositore delle colonne sonore di Chrono Cross e Chrono Trigger, e non ultima quella con Tetsuya Nomura, che ha disegnato un gruppo di personaggi chiave della trama. E se vi suonasse familiare il nome è perché sì, è proprio quel Nomura, quello grazie al quale Kingdom Hearts 3 è uscito tipo mai.

Ma al solito, un libro non si giudica dalla copertina: ora che è nelle nostre mani è il momento di decidere se Xenoblade Chronicles 2 è stato all’altezza delle aspettative, per altro in un anno nel quale bisogna per forza di cose confrontarsi con i colleghi The Legend of Zelda: Breath of the Wild e Super Mario Odyssey, entrambi concorrenti per il titolo di “Game of the Year”. Quindi rimbocchiamoci le mani, e cominciamo!

Dopo pochi minuti dall’avvio del gioco, ci si trova subito nei panni del buon Rex, giovanissimo Recuperatore di Alrest: in un mondo abitato da giganti titani, sui quali a loro volta trovano luogo le case di interi imperi, il nostro protagonista è occupato in una mansione abbastanza peculiare. In sostanza, il lavoro di Rex consiste nel recuperare oggetti di valore sott’acqua, o meglio, sotto le nuvole: sì, perché ad Alrest anziché l’oceano troviamo un’enorme distesa di nubi, che misteriosamente ha la stessa consistenza dell’acqua. È dopo aver accettato un lavoro tanto redditizio quanto controverso, che il ragazzo comincia a scoprire dell’esistenza di un passato oscuro del mondo nel quale vive: un passato fatto di misteri, di dolore e di emozioni, ed è nella scoperta di questo passato che si districa la trama dell’intero titolo. Chiaramente, ci tengo a precisarlo, quando tratteremo della trama lo faremo in modo rigorosamente spoiler-free: sottolineo comunque che si tratta di uno dei pro più grandi del gioco, e anzi, c’è da dire che era da tempo che non riuscivo a gustarmi una trama così piena di pathos e colpi di scena.

Prima di tutto però, tratteremo del gameplay. Nel mondo di Alrest ci sono principalmente tre cose da fare: la prima è esplorare ogni singolo centimetro di tutti i titani disponibili nel gioco, la seconda è mazziare di santa ragione bestie, mostri e antagonisti che ci si porranno davanti durante il nostro lungo viaggio verso una meta leggendaria e sconosciuta, e la terza, trattandosi di un J-RPG, è quella di gestire personaggi e armi al meglio, aumentandone potenza e abilità.
E allora partiamo proprio dall’esplorazione: Xenoblade Chronicles 2 offre una vastità di mappe davvero elevata, parliamo di sette titani principali e di altre sei macro-location, nelle quali è possibile svolgere una moltitudine di azioni. Dalla raccolta di oggetti in alcuni punti di interesse, oggetti ovviamente utili per compiere la costruzione di gemme per le proprie armi o potenziale o per completare alcune sub-quest di sorta, alla ricerca di forzieri nascosti che possono contenere valuta utile e altre ricompense di valore.

C’è subito da puntualizzare una cosa: in termini di grandezza, le singole mappe non possono essere paragonate ai vastissimi mondi offerti dal predecessore Xenoblade Chronicles X. Ma mio avviso, è un bene: diminuendo la grandezza delle precedenti enormi mappe, che per altro in passato hanno costretto il giocatore a vagare per lande sconfinate che alla fin fine sembravano sempre la copia di se stesse, si è preferito creare molti più continenti tutti con un’identità diversa. E la cosa è riuscita: abbiamo Gormott, un titano sul quale si estende un paesaggio esotico e naturale, che viene messo in parallelo al titano del Mor Ardain, dove invece si trovano grandi distese desertiche, fino ad arrivare ai monti innevati e gelidi di Tantal.

Grazie al fatto che siano contenute, e intendiamoci, parliamo comunque di mappe relativamente grandi, è anche possibile orientarsi con l’aiuto della memoria fotografica: il giocatore è subito in grado di comprendere la fisionomia di una determinata zona, e di conseguenza ricollegare un determinato titano ai suoi punti di interesse focali, senza essere costretto a vagare senza sosta per decine e decine di minuti.
Senonché, qui dobbiamo affrontare subito un problema del titolo: inspiegabilmente, la mappa fornitaci dal gioco risulta essere difficilmente consultabile, e difetta di una serie di elementi che normalmente sono presenti in tutti gli altri giochi del medesimo genere. Lo Zoom che ci è permesso fare nel menù dedicato alla mappa è spesso insufficiente per comprendere cosa si ha intorno, e la possibilità di farla comparire in overlay non aiuta, dato che ci si trova davanti ad una mappa che non è possibile né girare né aumentare o diminuire nella grandezza, e di conseguenza non aumenta le capacità di orientamento del giocatore. Inoltre, all’interno delle splendide città che il gioco offre, sono presenti una moltitudine di punti di interesse: dalle locande nelle quali è possibile salire di livello riposandosi ai negozi di equipaggiamento e di gemme, eppure nessuno di questi è segnalato in mappa.

Il che significa che sì, il fattore esplorazione da una parte è aumentato, richiedendo al giocatore stimolanti momenti di perlustrazione delle nuove metropoli e villaggi: dall’altro, però, vi assicuro che cercare per mezz’ora una locanda anziché trovarla immediatamente non lo auguro neanche al mio peggior nemico. No dai, forse al mio peggior nemico pure tre quarti d’ora.
Problema delle mappe a parte però, scoprire tutto ciò che il mondo di Alrest ha da offrire è un vero piacere: il mondo attorno a noi è vivo, con meteo cangiante e persino marea variabile – il che significa che quando le nuvole sono “alte” è possibile visitare luoghi altrimenti inaccessibili, per non parlare di mostri o altri eventi che sono disponibili solo in particolari ore del giorno o della notte. E dulcis in fundo, dato che si gioca nei panni di Rex, sarà possibile anche scovare i tanti Punti di Recupero, nei quali effettuare una ricerca sottomarina di oggetti rari attraverso una serie di Quick Time Event, che se eseguiti correttamente alzano la probabilità di reperimento di strumenti di valore e qualità.

Ma Xenoblade Chronicles 2 non è certo solo un simulatore di passeggiate: per una buona parte del gioco saremo impegnati a combattere bestie di varia tipologia, e lo faremo con un combat System che, signori miei, dire divertente è poco.
Qui è necessario però fare una premessa, e introdurvi ad un paio di concetti chiave del gioco: ad Alrest esistono due tipi di esseri viventi. Da una parte abbiamo i Ductor, esseri umani con il potere di entrare in risonanza con cristalli peculiari, che generano armi; dall’altra abbiamo i Gladius, ovvero ciò che è contenuto all’interno dei suddetti, delle vere e proprie emanazioni fisiche del potere dei nostri strumenti da combattimento.

Ogni Gladius ha una forma peculiare, un elemento di appartenenza e un’arma di riferimento: potremo trovare dei guantoni di ghiaccio branditi da un essere antropomorfo e capaci di curare i nostri alleati, oppure un martello di un Gladius gigante, ottimo per scopi difensivi. Per ottenere queste armi basta entrare in risonanza con i Cristalli, che possono essere ottenuti sia con l’esplorazione dell’ambiente circostante, sia battendo creature più o meno forti: va da sé che una delle meccaniche che precede il combattimento è quella dell’ottenimento dei Gladius più potenti, e risulta piuttosto divertente collezionare decine di cristalli per poi entrarvi in risonanza, sperando nell’arrivo di un’arma che ci manca, o magari di uno dei tanti Gladius rari, che hanno aspetti unici e che sono stati creati con il contributo di artisti giapponesi rinomati in tutto il mondo.

Benché si tratti dunque di una meccanica puramente basata sulla fortuna, non temete: diversi Gladius rari verranno ottenuti durante la storia in maniera automatica, mentre altri sono legati a delle sub quest particolari e dunque non dovranno essere ottenuti sperando nel contributo della dea bendata.
Contributo che sicuramente non sempre arriva, e non sarà infrequente lanciarsi in una sessione di risonanze a catena per poi essere premiati con 10 bellissimi guantoni di fuoco che già avete.
Se non altro, non tutto il male vien per nuocere: nel terzo dei dieci capitoli di gioco sarà possibile sbloccare la funzione “Mercenari”, grazie alla quale il giocatore può mandare in missione i tanti Gladius in panchina, per ottenere oggetti rari e punti esperienza; una sorta di meccanica gestionale insomma, il cui utilizzo è fondamentale soprattutto per aumentare il numero di Gladius totali che si è capaci di avere, ed evitare dunque una situazione nella quale si è in possesso di tanti Cristalli senza avere slot Gladius disponibili per poter effettuare una Risonanza.

Chiarito il concetto di Gladius, torniamo dove eravamo rimasti: il combat System.

L’interfaccia di gioco è piuttosto pulita: in alto a sinistra abbiamo barra della vita dei membri del nostro party, che conta un numero massimo di tre partecipanti, in basso a sinistra abbiamo i tre Gladius equipaggiati dal giocatore, e a destra abbiamo invece le spell di ogni singola arma.
Nella semplicità di quattro tasti è in realtà sintetizzato un piacevolmente complicato sistema di concatenamento di Mosse: innanzitutto gli auto-attacchi del giocatore, che vengono eseguiti in tre mosse dal danno crescente, caricano tre delle quattro tecniche disponibili in basso a destra – ovvero le Tecniche Ductor. Eseguendo qualsiasi di queste tre tecniche, corrispondenti ai tasti X, Y e B, è possibile caricare la più potente quarta tecnica, la Tecnica Gladius, quella corrispondente al tasto A, che va dal livello 1 al livello 4. Se il giocatore è in grado di eseguire una Tecnica Gladius subito dopo un auto-attacco, in particolare se lo si fa dopo l’ultimo dei tre effettuati dal nostro avatar, la barra della Tecnica Gladius si caricherà più velocemente. E qui quindi si nasconde un primo elemento strategico fondamentale: dato che alcune Tecniche Ductor richiedono un posizionamento particolare per ottenere un output di danno maggiore, starà al giocatore decidere se posizionarsi correttamente e massimizzare l’effetto della Tecnica Ductor, o sacrificarla per non interrompere la catena di auto-attacchi e caricare più rapidamente la Tecnica Gladius lanciandola in fondo al processo.

Come detto in precedenza, ogni Gladius ha un elemento: la tecnica corrispondente al tasto A sarà dell’elemento del nostro Gladius, e questo ci porta a poter concatenare delle combo elementali con l’ausilio dei Gladius dei nostri compagni. In alto a destra infatti, alla prima Tecnica Gladius eseguita, comparirà una sorta di guida, che ci mostra i percorsi disponibili per arrivare a compiere una Combo Gladius di livello massimo: potremmo per esempio cominciare con la livello 1 Fuoco compiuta dalla nostra Pyra, per poi lasciare al Drommarch di Nia il secondo livello, di Tipo Acqua, che verrà compiuto a richiesta del giocatore premendo il tasto dorsale corrispondente, ZL o ZR. Dopodiché si può concludere con la Fuoco di livello 3, che avremo caricato con cura dopo aver eseguito la prima Tecnica di livello 1. Il tutto è letteralmente basato sul timing: una volta eseguita una prima Tecnica di livello 1, una barra comparirà sopra la vita dei nostri nemici e comincerà lentamente a svuotarsi, e sarà prima del suddetto svuotamento che andrà lanciata una Tecnica di Livello 2, in grado non solo di far proseguire la Combo ma anche di far ritornare la barra della combo alla sua massima durata, permettendo al membro del party designato di caricare in tempo una Tecnica Gladius di Livello 3.

Terminata una Combo Gladius, da un certo punto del gioco in poi, verrà aggiunto un Globo Elementale al nostro avversario, per un numero massimo di quattro Globi: questo processo è fondamentale, poiché verrà poi sfruttato durante il compimento di un attacco di gruppo, altro elemento che verrà aggiunto più tardi fra le possibilità del giocatore. In breve, sfruttando ad un sistema di debolezze elementali, sarà possibile scoppiare i Globi Elementali accumulati sul nemico attaccandoli con un Gladius dell’elemento opposto: in questo modo potremo eseguire un attacco di gruppo progressivamente sempre più efficace, che presto diventerà il modo attraverso il quale sbarazzarsi anche dei boss più ostici.
E non è finita qui: oltre a tutto ciò che ho menzionato finora ci sono anche alcuni Malus che è possibile lanciare sui nemici attraverso le nostre Tecniche Ductor, e che devono essere concatenati per arrivare al massimo livello. Si parte dal Fiaccamento delle nostre vittime, al quale può seguire un Atteramento, poi un Lancio in aria ed infine uno Schianto: va da sé che, dato il cooldown di ogni singola Tecnica, una combo completa di questo tipo non potrà mai essere eseguita da un solo personaggio, ma solo ed esclusivamente da più membri del nostro party, magari ognuno facendo ricorso ad un paio di Gladius nel suo arsenale.

Monolith Soft, con soli quattro tasti, è stata in grado di costruire un complessissimo Combat System che dà in mano al giocatore la possibilità di scegliere la sua personalissima strategia di vittoria, cercando di compiere più Combo Gladius possibili oppure al contrario puntando al concatenare un Malus dietro l’altro – benché la verità è che è solo con il mix di tutto ciò che è stato appena elencato che si riuscirà ad uscire vivi dalle battaglie più complesse.
Ed è encomiabile anche il modo attraverso il quale il sistema si lascia scoprire: Xenoblade Chronicles 2 non investe il giocatore di informazioni, e al contrario aggiunge un tassello alla volta le varie funzioni disponibili, che solo oltre la metà del gioco andranno a comporre il grande mosaico di possibilità di lotta.

Parallelamente a questo, per chiudere il paragrafo Combat System, abbiamo il sistema di gestione del Ductor e dei Gladius: oltre ai classici punti abilità dei singoli personaggi per ottenere importanti spell passive, ai pezzi di equipaggiamento che aumentano questa o l’altra statistica, e ai cibi che ci donano buff temporanei, abbiamo un vero e proprio diagramma di sviluppo delle nostre armi umanizzate che progredisce man mano che si è in grado di completare obiettivi designati. Alcuni possono essere legati al numero di battaglie compiute con un determinato Gladius, altre invece all’ottenimento di un oggetto specifico, oppure ancora a requisiti particolarmente importanti, come il saltare un numero determinato di volte sul posto. Vi giuro. Le abilità che è possibile sbloccare non sono solo utili in combattimento, ma possono addirittura dare accesso ad alcune location in overworld altrimenti irraggiungibili: grazie alla nostra fidata arma potremo compiere balzi più alti del normale ad esempio, oppure decifrare un antico murales scritto in linguaggio incomprensibile.
Le stesse Gladius possono poi essere potenziate con Frammenti di Cristalli e Gemme, ottenibili esplorando i Titani e combattendo con varie creature: in un cerchio che si chiude si esplora per combattere, si combatte per migliorare le proprie abilità sul campo, e si migliora per poter esplorare con maggiore facilità ogni centimetro di Alrest.

E mentre il nostro personaggio cresce, e sarete voi a decidere se avrà Gladius dedite all’attacco, al ranking, o alla cura del party, la trama del titolo comincia a districarsi: inizialmente, devo essere sincero, la storia non mi aveva colpito particolarmente. Sarà che all’inizio il ritmo è lento, o forse che alcuni personaggi sono ancora troppo nell’ombra per poterli inquadrare con precisione, ma fino al Capitolo II la mia attenzione era relativamente nella media: dopo la fine del terzo, però, la cosa è cambiata radicalmente. Ho avvertito un bisogno assoluto di sapere cosa sarebbe successo dopo, quali fossero i misteri dietro il personaggio di Pyra, la misteriosa donna che incontreremo dopo pochissimi minuti di gioco, cosa stia effettivamente cercando, e perché tutti gli altri personaggi del gioco la vedano come un pericolo per l’umanità: non solo gli autori della storia sono stati capaci di costruire un mistero che lentamente si svela in ogni suo singolo dettaglio, ma hanno anche saputo creare decine di personaggi chiave dai ruoli mai scontati, per altro assolutamente approfonditi singolarmente con succose storie dei loro passati. Credetemi, nulla è lasciato al caso: ogni attore di questa splendida trama è memorabile, alcuni sembreranno avere dei ruoli stereotipati per poi sorprendervi all’ultimo secondo, e ci sarà un momento particolare della storia nella quale ogni certezza del giocatore crolla, sospettando che chiunque intorno a lui possa nascondere una natura diversa dalle apparenze. Al solito, potrei dirvi di più per argomentare le mie opinioni, ma ricadrei nello spoiler: lascio quindi a voi svelare capitolo dopo capitolo il mistero di Alrest, Pyra, e del fantomatico Elysium, una sorta di paradiso nominato fin dal primo minuto di gioco ma del quale nessuno sa per certo dell’esistenza. Poi ci sono anche altre cose che i giocatori più maliziosi vorranno svelare, ma sfortunatamente non è possibile farlo perché Pegi 12.

Per coloro che sono nuovi nel mondo di Xenoblade, non temete: la storia è tranquillamente godibile da coloro che non hanno mai giocato alla serie, poiché tutti gli elementi chiave della trama ricevono una spiegazione adeguata. Tuttavia, se siete giocatori di vecchia data, godrete: non solo alcuni dei misteri più datati della saga verranno risolti ai vostri occhi, ma soprattutto fin da subito riuscirete a cogliere dei riferimenti ai titoli precedenti che non fungono da semplici citazioni, ma sono parti fondamentali della storia. E sarete lì a chiedervi: aspetta… ma perché questa cosa è qui adesso? Come è possibile? Da dove arriva?

Dopo l’encomio però, arriva solenne la stangata: il pathos della storia, accompagnato da una traccia musicale più splendida dell’altra, è a volte smorzato da una resa grafica che lascia a desiderare. Qui non parliamo neanche di prestazioni della console: abbiamo visto Nintendo Switch fare bene sia con Breath of the Wild che Mario Odyssey, e i problemi di Xenoblade che vi sto per elencare esulano da qualsiasi problema di specifiche tecniche.

Il problema è proprio di sviluppo: le texture del gioco a volte sono davvero poco curate, a partire dall’erba sino ad arrivare alle formazioni rocciose, il gioco arriva ad un massimo di risoluzione di 720p in docked mode ed anche così subisce sporadicamente cali di FPS, e i caricamenti dopo un teletrasporto possono causare l’assenza delle texture per momenti che vanno dai cinque ai dieci secondi, con parentesi imbarazzanti nelle quali vi mancherà la terra sotto i piedi, o vi potreste ritrovare in un ambiente completamente monocromo.

Nulla che rovini l’esperienza di gioco irrimediabilmente, ci mancherebbe, ma a volte rimane semplicemente difficile rimanere seri: ci sono stati dei momenti in cui, magari durante un filmato chiave nel quale due personaggi stanno parlando del destino del mondo, le texture dell’ambiente circostante cominciano a caricare progressivamente, e vedere tizio o caio super determinati a salvare il mondo mentre i muri dietro di loro sono a tratti definiti e a tratti palette di colori statiche è poco piacevole. Non posso dunque che augurarmi che una corposa patch risolva al più presto questi problemi: è un peccato macchiare così un titolo al quale altrimenti non mancherebbe davvero niente.

Anche perché sia a livello di longevità che di difficoltà di gioco ci siamo alla grande: dedicandomi solo parzialmente alle sub-quest, e trovandomi davanti un post game infinito, tra Gladius rari da ottenere, decine e decine di boss opzionali da sconfiggere, missioni secondarie da completare e città da sviluppare al massimo del livello, ho completato i dieci capitoli del gioco in 78 ore di gioco. E ne ho almeno il triplo ancora da giocare.
E dal lato difficoltà, il titolo alza progressivamente l’asticella richiedendo al giocatore una comprensione delle meccaniche di combattimento sempre più profonda: salvo in alcuni punti, nei quali si è messi davanti a situazioni ostiche nelle quali facendo un passo falso si finisce per essere assaliti da duecento mostri contemporaneamente, ed un boss del gioco che mi ha fatto tirare giù tutti i santi dello scibile umano, in linea di massima le sfide sono sempre tranquillamente sostenibili se si è compreso con attenzione tutte le possibilità di combattimento offerte dal titolo.

E dunque arriviamo al commento conclusivo: Xenoblade Chronicles 2 è un JRPG dalle meccaniche profonde e ben studiate, che saprà deliziare tutti quanti i cultori del genere con uno dei combat System più puliti e complessi di sempre, il che pur sembrando un ossimoro è semplicemente realtà. La trama del titolo è superlativa, al momento una delle mie preferite dell’intera saga di “Xeno”, e sfido chiunque a non versare mascolinissime lacrime nel finale; peccato per le diverse sbavature tecniche, che più che rovinare il titolo tolgono semplicemente la voglia di fare una standing ovation. Una standing ovation che però, arrivati a dicembre, è tempo di fare a Nintendo: Switch è arrivata a fine anno mettendo nella sua libreria un altro titolone. Se questi mesi di gioco sul piccolo tablet sono stati un successo… non posso dire di non essere con le aspettative alte per il futuro, soprattutto con un Pokémon per Switch in arrivo che deve dimostrarsi all’altezza di tutti i suoi altri colleghi.

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