Redazione
La creazione dei videogiochi non conosce più alcuna barriera di nazionalità e gli sviluppatori indie da tutto il mondo lo sanno bene. Giappone, Stati Uniti, Europa e anche Italia: i titoli sviluppati per qualsivoglia piattaforma provengono da ogni angolo del pianeta, e il Belpaese non fa eccezione. Oggi noi di Pokémon Millennium vogliamo parlarvi di una realtà tutta tricolore che ha scelto di sviluppare i propri titoli non per PC, bensì per Nintendo Switch: Polymad Games.
Qualche settimana fa abbiamo recensito Parallel, il loro primo lavoro per la console ibrida, un puzzle game che mette alla dura prova la coordinazione e il sincronismo dei giocatori. A raccontare l’operato del team di Polymad Games vi è Cristian Gurra, game designer e programmatore.
Com’è nata Polymad Games? Quante persone lavorano a questo team e con quali mansioni?
Polymad Games è nata grazie a Parallel. È un caso un po’ atipico, in cui il team era già al lavoro sul gioco, ma solo dopo ha trovato un’identità. Nel settembre 2017, iniziando a pensare alla pubblicazione di Parallel, abbiamo dovuto decidere il nome di questo gruppo di persone, di cui buona parte è rimasta nel team dopo il rilascio. Al momento, Polymad Games è formata da 8 persone: 3 game designer (Pierantonio Ostuni, Pietro Pigliaru e io), 4 artisti (Giulia Sartore, Tiziano Passantino, Tiziana Buonvicino e Alessio Ronchietto) e un programmatore (Paolo Iovino). È una formazione a primo impatto sbilanciata, ma compensata dal fatto che alcune persone abbiano pari capacità in più settori.
Parliamo della vostra ultima fatica, Parallel: cosa c’è dietro la nascita di questo gioco? Quanto è durato lo sviluppo di questo titolo? Avete riscontrato delle difficoltà durante il processo creativo?
Parallel è nato da un esercizio assegnatoci dal nostro ex professore di game design. Successivaamente, un compito di poche ore si è trasformato in un piccolo prototipo, e visto l’interesse del pubblico nel giocarlo, abbiamo deciso di trasformarlo effettivamente in un gioco. Lo sviluppo è iniziato nel febbraio 2016, ma ha avuto grandi pause e ripartenze, a causa di vari impegni dei membri, finché a inizio 2017 abbiamo preso l’impegno seriamente. Nel giro di meno di un anno, Parallel era finito. Il resto del tempo è stato dedicato al porting su Nintendo Switch, con vari ostacoli anche in quel caso, fino alla pubblicazione nel giugno 2018. Le difficoltà non sono mancate, dalla rimodellazione dei reparti art e programmazione, alla perdita di componenti durante il percorso. Purtroppo non tutte le persone capiscono la complessità dello sviluppo di un gioco, e quando si trovano effettivamente nel contesto, non riescono a restare in carreggiata fino alla fine. Abbiamo avuto la fortuna di trovare una direzione solida dal punto di vista del design e dell’esperienza del gioco, che ci ha portati a poter rispondere a qualsiasi problema o feedback negativo in poche mosse.
I nostri redattori, provando il gioco, hanno riscontrato delle difficoltà durante le fasi single-player: qual è il perché di questa scelta?
Il gioco è chiaramente nato come un cooperativo, ma durante lo sviluppo ci siamo resi conto che quei giocatori che cercano un livello di sfida molto alto avrebbero potuto apprezzare la modalità single player. Durante le fasi di playtesting, abbiamo fatto analizzare ai tester i livelli per evidenziare quelle parti di gioco che risultavano ingiocabili con un solo cervello. L’obiettivo è stato espandere il target audience a due nicchie molto importanti: chi vuole un multiplayer locale impegnativo, ma anche rilassante alla Ibb & Obb, ma anche quei giocatori che vogliono l’impossibile, come in Super Meatboy.
Spesso i giochi indie tendono a essere snobbati dal grande pubblico, che preferisce concentrarsi sui titoli mainstream e ben pubblicizzati. Come ha reagito il pubblico, sia dal vivo (per esempio in eventi come la Milan Games Week) che online?
La reazione del pubblico a Parallel direi che è molto rappresentativa della situazione attuale: un mondo in cui un gioco indie dal budget quasi nullo può essere tanto accattivante quanto un titolo mainstream, ma è percepito diversamente dal pubblico. Partecipando alle varie fiere, siamo rimasti colpiti di come spesso si formassero code o gruppi di persone attorno al gioco, al pari di altri titoli più famosi. Purtroppo la situazione è diversa sul Nintendo eShop, dove l’assenza di copertura mediatica impedisce al pubblico di sapere dell’esistenza stessa del gioco. Se da un lato non è possibile competere con i giochi più popolari, dall’altro, per emergere tra gli altri indie, serve invece un’intelligenza commerciale e i giusti investimenti. Anche il gioco più bello del mondo rimarrebbe invenduto se nessuno sapesse della sua esistenza!
Come mai avete deciso di sviluppare proprio su Nintendo Switch piuttosto che su altre piattaforme? Quali sono i vantaggi della console ibrida?
Sin dal giorno dell’annuncio di Nintendo Switchm abbiamo pensato che Parallel fosse perfetto per quella console, che tanto stimola un’esperienza di gruppo ed è fruibile in ogni luogo. Con livelli di una durata che va dai 3 agli 8 minuti a prima run, Parallel è giocabile anche in un piccolo viaggio in treno. Dall’altro lato, la suddivisione del gioco in due universi paralleli sembra richiamare naturalmente i Joy-Con, posti ai due lati della Switch e dedicati ciascuno al proprio cubetto. Ci sono poi delle ragioni economiche e pratiche. Pubblicare su Switch al momento è più semplice che pubblicare su altre console, grazie anche all’apertura dello store al mondo indie. Risulta anche vantaggioso rispetto ad una pubblicazione su Steam, poiché, anche con poca promozione, il pubblico raggiunto è comunque maggiore, essendo lo store meno affollato.
Com’è sviluppare videogiochi indipendenti in Italia? Come riuscite a trovare i fondi per mandare avanti i vostri progetti? Qual è il processo per ottenere un Development Kit di Nintendo Switch e che tipo di supporto tecnico fornisce Nintendo agli sviluppatori indie?
La situazione in Italia non è certamente semplice: è una questione culturale, che non mette i videogiochi sullo stesso piano degli altri prodotti mediatici. In molti altri Paesi, invece, sono presenti numerose iniziative, anche patrocinate dallo Stato, per promuovere la crescita del mondo videoludico. Proprio per questo, trovare fondi non è facile, ed è molto diffusa la pratica dell’autofinanziamento. Lo sviluppatore investe quindi il proprio tempo in qualcosa in cui crede, magari mantenendosi con altri lavori. Un’alternativa, in cui stiamo cercando di inserirci anche noi, è quella di trovare lavori su commissione da parte di compagnie esterne che vorrebbero sviluppare un videogioco, ma non ne hanno le competenze. In questo modo, il team può mantenersi in attesa della pubblicazione del proprio progetto. Parlando dell’ottenimento del Development Kit, non è semplice, soprattutto per una compagnia piccola, emergente e senza grandi budget. In teoria è semplice, in quanto basta iscriversi al programma per diventare sviluppatori Nintendo, attendere l’approvazione del team e del gioco, e poi pagare il Development Kit e il Test Kit. In pratica, purtroppo, ci sono diversi ostacoli, come le lunghe attese (si parla di mesi) e il costo dei kit, che sono comunque decisamente maggiori rispetto a quelli di una normale console. La nostra fortuna è stata quella di avere il supporto degli studi 34BigThings e MixedBag, che erano già provvisti di kit e avevano già esperienza in ambito console. Il supporto tecnico di Nintendo è sicuramente esaustivo nella maggior parte dei casi, con tanto di guide e forum per gli sviluppatori, ma avere al proprio fianco qualcuno con un minimo di esperienza vale molto di più.
Quali sono i vostri piani per il futuro? Avete altri giochi in cantiere?
Il futuro è più presente che mai, perché abbiamo da poco finito la pre-produzione del nostro nuovo gioco, che a breve annunceremo al mondo. Punteremo di nuovo a Nintendo Switch, alzando l’asticella con un gioco più “grande” e accattivante di Parallel, con un genere completamente diverso.
Quale messaggio vorreste dare a chi, come voi, sviluppa videogames e a tutti gli appassionati?
Vorrei che gli sviluppatori emergenti capissero che fare un gioco, non è di per sé un gioco, ma ci somiglia. È un lavoro con tutte le caratteristiche e i limiti che ha un qualsiasi impiego, ma si è davvero felici mentre lo si fa. È un’esperienza simile a un gioco, perché come in esso va affrontata la difficoltà, che aumenta gradualmente. Anche Super Mario Bros. inizia dal primo livello, e non dalla sfida con Bowser e se trovi un ostacolo difficile da superare, ti impegni a superarlo, non ci sono scorciatoie. Quindi non strafate, abbiate pazienza, partite dal basso per poi crescere. Metteteci la passione che ci mettete quando giocate, ma ricordate che la passione da sola non paga le bollette.
Un ringraziamento speciale a Cristian Gurra e a tutto il team di Polymad Games, per la disponibilità concessaci!
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