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Annegare nell’oscurità della coscienza umana: Studio V parla di Dry Drowning

Siamo entrati in contatto con l’autore di Dry Drowning, una promettente avventura grafica a metà tra il noir e lo sci-fi, tutta made in italy.

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   · 10 min lettura Nintendo
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Fare videogiochi in Italia è una vera sfida, ciò non significa che non ci siano videogiochi davvero validi nel nostro territorio. Da relativamente poco anche noi di Pokémon Millennium siamo testimoni di questo mondo, cercando di portare in risalto le realtà più interessanti del nostro Paese. Oggi portiamo anche la testimonianza di Studio V, studio che sta per pubblicare il suo primo gioco, Dry Drowning, un’avventura grafica investigativa per la quale abbiamo in programma anche una recensione per Nintendo Switch.

Il gioco sarà disponibile da agosto per PC, e in futuro è previsto il rilascio anche su Nintendo Switch, Xbox One e PlayStation 4. La pubblicazione è affidata a VLG Publishing, che assieme a Studio V tenta di lasciare il proprio segno nella scena videoludica italiana. Siamo entrati in contatto con Giacomo Masi, game designer e sceneggiatore di Studio V, proprio per parlare un po’ di Dry Drowning e della condizione lavorativa del videogioco made in Italy.

Ciao Giacomo! Ci parli di Studio V e di VLG Publishing?

Studio V è l’ex Studio Oneiros, composto e creato 5 anni fa da me, game designer e sceneggiatore, Samuele Zolfanelli, programmatore, Giulia Carli, art director, e Giorgio Maioli, compositore. In più, collaboriamo con altri ragazzi esterni allo studio per le animazioni e le traduzioni. VLG, invece, è il nostro publisher, un’azienda italiana nata da poco, ma che si sta affermando per aver preso per mano alcune realtà legate al videogioco in Italia come la nostra. Questo per poter dare una spinta all’industria videoludica del nostro Paese che esiste da sempre, ma che è indietro anni luce rispetto al resto d’Europa e del mondo, tranne per qualche raro caso eccezionale. Noi di Studio V siamo stati fortunati a trovare qualcuno come VLG che ha creduto nel nostro progetto.

E invece cos’è Dry Drowning?

Dry Drowning è una visual novel, anche se, insomma… Il canone medio delle visual novel è quello di un dating sim, un simulatore di appuntamenti romantici, mentre in realtà Dry Drowning è semplicemente un’avventura grafica interattiva, qualcosa che si avvicina un po’ a Phoenix Wright, un po’ a L.A. Noire, un po’ ai giochi Telltale, il tutto con le dovute proporzioni. Si tratta di un gioco investigativo ambientato in una città-stato futuristica chiamata Nova Polemos, in una distopia totale un po’ orwelliana dove informazione e immigrazione sono soggette a controlli oppressivi, e dove c’è una sorta di odio sociale represso. In questo modo, è stesso il contesto generale che porta il giocatore a dover effettuare delle scelte che lo spingono a riflettere sulla condizione umana in un ambiente simile, e sulle implicazioni etiche e sociali di certe conseguenze. Non si tratta mai di scelte buone o cattive da prendere, ma quasi sempre di scelte grigie, in grado perfino di cambiare il gioco profondamente in maniera verticale: le scelte del giocatore possono plasmare l’assetto politico, tecnologico e sociale dell’intera città, nonché il destino di alcuni personaggi. La nostra storia offre più di 150 divaricazioni narrative che portano a 3 interi capitoli finali, ognuno con le proprie differenze, e ognuno differente da partita a partita a seconda delle proprie scelte lungo la storia.

Il giocatore interpreta Mordred Foley, un investigatore. Lui e la sua assistente Hera già dall’inizio del gioco hanno un passato torbido perché, a quanto pare, hanno condannato a morte due innocenti spacciati per Pandora, l’unico serial killer che ci sia mai stato a Nova Polemos. Nonostante la loro reputazione sia sotto le scarpe, nei primi minuti di gioco vengono contattati dalla segretaria delle Bande Nere, un partito politico oltranzista, oserei dire quasi nazi-fascista: sanno che Mordred non ha scrupoli e vogliono convincerlo a scagionare il candidato delle Bande Nere da una recentissima accusa di omicidio. Andando a indagare si scoprirà che questo omicidio è in qualche modo collegato allo stesso Pandora che per tanti anni Mordred e Hera anno seguito. Pandora è un assassino molto particolare, perché nei suoi omicidi tenta di ricreare i miti greci, come Apollo e Dafne, attraverso la scena del crimine.

Oltre a cercare gli indizi e fare pesanti scelte morali, bisogna distruggere le menzogne delle persone che il giocatore si trova a interrogare, perché Mordred ha delle turbe psichiche che gli consentono di riconoscere quando una persona sta mentendo: queste persone gli appaiono con dei volti animaleschi abbastanza inquietanti; si tratta di un horror interiore che il protagonista col tempo ha imparato a gestire e a trattare quasi come un superpotere. In questa maniera, il giocatore è portato a cercare di capire il motivo per cui le persone mentono attraverso gli interrogatori.

Quindi tra thriller, noir, mitologia greca, maschere horror e ambientazione sci-fi, trova spazio anche una critica sociale. C’è per caso un riferimento all’attuale situazione politica italiana?

Per rappresentare questa città distopica noi abbiamo preso ispirazione da fatti reali di tutto il mondo, non solo dell’Italia, e per questo il gioco cerca di comunicare tematiche sociali: sì, c’è la trama dell’assassino da scoprire come ogni gioco investigativo, ma è tutto immerso in questo contesto distopico che porta inevitabilmente il giocatore a riflettere. Abbiamo scelto un’ambientazione futuristica piuttosto relativa, perché in realtà il 2066 è abbastanza vicino a noi. Ci sono avanzamenti tecnologici come gli ologrammi, ma la società, per quanto esagerata nella sua distopia, è molto realistica. Nessuno sano di mente vorrebbe mai vivere a Nova Polemos: una società che sulla carta è perfetta, nel senso che il benessere generale è altissimo e la criminalità è bassissima, ma a tutto questo il prezzo da pagare è una completa spersonalizzazione dei suoi abitanti. Per enfatizzare questo distacco tra persone e società, abbiamo deciso di rappresentare gli sfondi di gioco colorati, mentre i personaggi sono in bianco e nero. Al di là dell’odio verso il disoccupato e l’immigrato, c’è anche un controllo invasivo della polizia poiché tutto viene monitorato, e anche un banale post sui social network non può essere inviato se non si è idonei a utilizzarli: chi non passa il test per dimostrare di essere un “cittadino modello” non può usare internet, ma non può nemmeno ricevere cure mediche gratuite né accedere ad altri privilegi.

 

Tutti questi dettagli sono stati presi da situazioni reali per essere poi adattati in maniera esasperata. Dal tema dell’immigrazione che attraversa anche gli USA, a quello del controllo dell’informazione e delle fake news che riguarda un po’ tutto il mondo… Sono cose che si vedono letteralmente ovunque, tranne in alcune democrazie europee. In questo senso, Nova Polemos sembra realistica perché lo è: tutto ciò che accade lì, accade davvero anche nel nostro mondo reale; in maniera meno estremizzata, ma accade. Diciamo che l’intero gioco spinge il giocatore a chiedersi “è più importante il mio benessere personale, o è più importante il benessere di una società intera anche a costo di annullare sé stessi?“.

Quali sono state le difficoltà di sviluppo incontrate per la realizzazione di Dry Drowning?

Tante! Ci abbiamo messo 3 anni a sviluppare il gioco, ma in realtà lo sviluppo effettivo è iniziato quando è venuta in nostro soccorso VLG Publishing. Prima di trovare il publisher abbiamo cambiato 3 volte motore di gioco. Poi la parte musicale ci ha rubato parecchio tempo: abbiamo 2 ore e mezza di colonna sonora, composta da più di 50 pezzi perché volevamo che ogni singola scena del gioco avesse un suo brano. Anche il lavoro grafico ha occupato parecchi mesi, perché essendo un gioco in 2D abbiamo puntato tantissimo sul renderlo visivamente “wow. Per non parlare poi della sceneggiatura… Ho scritto più di 750 pagine, è stata una sfida bella tosta.

È prevista qualche funzionalità in più per il futuro rilascio su Nintendo Switch?

Di sicuro rifaremo un minimo l’interfaccia per renderla touch, perché sia la console sia Dry Drowning si prestano molto a questo sistema d’interazione. Forse prepareremo qualcosa anche a livello contenutistico, ma è da vedere. Priorità all’interfaccia e all’utilizzo del touch screen, poi per il resto dipenderà da quanto il gioco andrà bene con le vendite su PC ora che esce ad agosto. Credo che arriveremo sulle console entro l’anno prossimo.

Invece quali sono le difficoltà che uno studio di sviluppo di videogiochi incontra in Italia?

Io credo che oggettivamente, in maniera individuale, andare sulla Luna sia più facile che fare un videogioco in Italia. Partiamo da questo presupposto: la realtà dello sviluppo di videogiochi in Italia è microscopica, quasi insignificante. Abbiamo piccole case importanti, un po’ blindate, che non fanno publishing, mentre la maggior parte del tessuto di sviluppo dei videogiochi nel nostro paese è costituito da piccoli studi che tentano di uscire fuori da soli e il più delle volte finiscono nell’oblio. Questo anche perché c’è da considerare che il mercato videoludico è saturo: esce una quantità elevatissima di giochi al giorno, quindi senza avere una buona copertura di marketing, una campagna, o comunque un endorsement da parte di realtà più grandi, si rischia di lasciar morire i propri progetti non vedendo alcuna opportunità di guadagno. Passati i primi mesi di euforia, si fanno i conti con la propria situazione economica. Ho visto progetti incredibili scomparire perché magari il programmatore trova un altro lavoro più redditizio… Oggettivamente cosa gli puoi dire? Non farlo? Resta con me a sviluppare gratis un gioco per un altro anno? Se non siamo finanziati né supportati, è normale che sulle demo muoiono il 70% dei progetti, o forse anche di più.

E questo è solo una delle tante difficoltà… Mettiamo il caso che lo “scoglio” demo venga superato, resta da trovare il publisher. E dove lo trovi un publisher in Italia? In tanti decidono di muoversi in maniera indipendente, ed è un rischio enorme. Noi siamo stati fortunati ad aver trovato VLG Publishing che ha creduto nel nostro progetto, ma d’altra parte non puoi nemmeno permetterti di chiedere finanziamenti milionari perché non te li darà mai nessuno, non siamo in America o in altri paesi Europei più sviluppati da questo punto di vista, siamo in Italia. Spero che prima o poi questa situazione cambi.

Prima di salutarci, c’è qualche consiglio che potresti dare ai giovani artisti e sviluppatori italiani?

Quando decidi di voler creare videogiochi qui, la prima cosa che devi fare è trovarti con un gruppo di amici o conoscenti nelle game jam, eventi dove si creano videogiochi in poche ore o giorni, terreni fantastici per imparare cos’è davvero il settore, come funziona lo sviluppo e capire cosa si è davvero in grado di fare. Questo perché bisogna certamente prepararsi a livello accademico, ma bisogna anche trovare le persone adatte. Per fortuna ci sono tantissimi eventi in Italia, come le jam, che possono aiutare le persone a conoscere altri sviluppatori, perché se c’è una cosa estremamente positiva di questo inferno, è che siamo tutti sulla stessa barca: magari in tanti ambiti c’è una competizione feroce, qui invece ci si aiuta a vicenda.

L’importante è partire in piccolo, con un gruppo di massimo 3-4 persone, creando un programma di lavoro con scadenze nette. Naturalmente per lavorare in questo campo, e soprattutto partendo senza finanziamenti, è necessario che il progetto piaccia a tutti; non bisogna trovarsi in quelle situazioni in cui il game designer decide cosa si deve fare e tutti devono seguirlo. Il discorso è che se non vieni pagato, il tuo unico motore è determinato da quanto credi nel progetto. Il consiglio più grande che posso dare a riguardo, è di non mollare mai quando avete un progetto in cui credere. Arriveranno tante difficoltà, noi stessi di Studio V ne abbiamo passate tante, ma l’importante è non abbattersi. Tanta gente si presenta dai publisher, magari ricevono un “no”, e mollano tutto. Purtroppo allo stato attuale fare videogiochi in Italia richiede delle spalle enormi: se le prime difficoltà vi fanno desistere allora non fate questo lavoro, o aspettate che la situazione, prima o poi, cambi. D’altra parte stiamo facendo il possibile, tra associazioni di categoria, agevolazioni ed eventi per farsi conoscere, per far sì che un giorno anche l’Italia prenda più in considerazione lo sviluppo dei videogiochi. Magari un giorno fare videogiochi in questo paese sarà più semplice.

Ringraziamo Giacomo Masi per la bella e lunga intervista, speriamo di avervi messo curiosità su Dry Drowning e vi ricordiamo che il gioco è in uscita ad agosto su Steam. Potete trovare ulteriori informazioni sul sito di VLG Publishing.

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