Marco Vitale
The Shapeshifter è un gioco che su Kickstarter ha riscosso grande interesse: l’obiettivo iniziale di seimila dollari è stato raggiunto in dodici ore e decuplicato, fino ai 60 mila attuali. Inoltre, il titolo è esclusiva Nintendo: dunque, basta munirsi di Nintendo Switch e giocare una nuova avventura, giusto? Non così in fretta.
The Shapeshifter è un gioco per Game Boy: è fruibile una versione ROM per PC – da noi testata – ma il titolo è dichiaratamente pensato per essere goduto su cartuccia. Dena, lo sviluppatore del gioco, è il fondatore di GreenBoy, uno studio che ha già creato altri titoli per Game Boy come Where is my body? e Lunar Journey e il cui ultimo lavoro costituisce la più grande impresa.
In The Shapeshifter il protagonista che cambia forma per adattarsi a nuove sfide diviene metafora della vita del Game Boy stesso: una costante trasformazione per sopravvivere. La console è nata del 1989 ed è stata riportata in auge nel 1996 da un certo brand di mostriciattoli. In grado di piazzare ben 118 milioni di copie, è uscita di produzione solo nel 2003, e oggi vive ancora attraverso il costante supporto degli appassionati.
“Anche senza risposte, bisogna comunque proseguire”
Elliot, il protagonista, si sveglia nella notte durante un campeggio, mentre i suoi amici dormono. Presto, incontra un elfo caduto in un pozzo che lo implora di aiutarlo; liberato, egli gli assegnerà una nuova missione ben più complessa: salvare gli elfi dalla maledizione di un potente stregone. Per svolgere questa compito, Elliot ottiene il potere di tramutarsi in qualsiasi animale tocchi; solo attraverso quest’ultimo egli può penetrare la dimensione elfica, superare le sfide che lo attendono e infine confrontarsi col nemico.
Scomodiamo una delle più celebri frasi di Dark Souls per riassumere l’atmosfera del titolo: all’inizio dell’avventura il giocatore non sa chi sia il protagonista, in che mondo si trovi e soprattutto perché accetti un compito così assurdo da un elfo, creature ritenute leggende dagli altri personaggi. Parte di questi dubbi verranno chiariti, ma in particolare nella prima ora di gioco, resta una spiacevole sensazione di “casualità” che mina l’immersione del giocatore.
In mancanza di elementi di gameplay che rendano memorabile il titolo, la trama dovrebbe divenire la colonna portante del gioco, ma risulta invece confusa. Ciò rende l’accesso a The Shapeshifter ostico, scoraggiando presto coloro che non siano catturati dallo stile di gioco. Chiaramente, i sostenitori accaniti del lavoro di Green Boy potranno soprassedere, ma un’attenzione alla storia più curata fin dall’inizio avrebbe giovato immensamente al titolo.
Una lunga passeggiata nel bosco
Il giocatore deve risolvere gli enigmi dell’avventura raccogliendo oggetti, parlando con gli altri personaggi e soprattutto sfruttando i poteri dalle trasformazioni animali. Lo shapeshifting è l’elemento migliore del gioco: le creature da toccare sono molteplici, posizionate in luoghi ben studiati e ognuna con una caratteristica peculiare: la rana mangia gli insetti, il camaleonte si camuffa, la talpa scava sottoterra. Ovviamente ognuna di queste abilità deve essere sfruttata e combinata per superare gli ostacoli, non di immediata risoluzione e che posso impegnare per diverso tempo.
Gli ambienti sono tanti e portano al massimo le capacità del Game Boy. Il problema del gameplay di The Shapeshifter è che presto, per la quasi totalità della sua durata, diventa un simulatore di camminata. Per collezionare gli indizi e procedere nell’avventura, Elliot dovrà percorrere gli ambienti ripetutamente: considerato che il movimento non è particolarmente rapido, vagare per lande del titolo diviene stancante già dopo pochi minuti, in particolare se non si percepisce alcun senso di avanzamento.
Questa monotonia viene spezzata dai momenti che variano la formula, legati alle trasformazioni, ma che sarebbero dovute essere ben più presenti; questo difetto, purtroppo, non è dovuto alle limitate capacità del Game Boy, ma alla voglia di Dena di creare un mondo molto vasto, ma che risulta vuoto: sarebbe stato indispensabile tagliare gran parte dei percorsi inutili di collegamento tra un’area e l’altra.
Tecnica imperfetta ma piena di passione
Il comparto tecnico non è impeccabile, ma trasuda dedizione da ogni pixel. Lavorando con la limitatezza della console, la grafica è piacevole, ogni elemento comprensibile, e dona al gioco stile e carattere di cui altrimenti sarebbe privo. Si fa presto a dimenticare alcuni ambienti meno curati degli altri con l’apprezzabile quantità di modelli disponibili per ogni trasformazione: si nota il talento del creatore nel padroneggiare la programmazione su Game Boy.
Il comparto sonoro è invece semplicemente tremendo. Le tracce sono 8-bit nel peggiore dei significati possibili, risultando stridule e fastidiose. Se si considera il tempo che si impiega a risolvere gli enigmi, quest’ultime diventano presto un loop insopportabile che porterebbe all’abbandono del gioco; indispensabile diviene dunque sostituire il sottofondo con una compilation di musiche retrò più ascoltabile. Occorre comunque lasciare il beneficio del dubbio: magari queste si adattano male alle casse del computer e sarebbero migliori se riprodotte sul Game Boy.
Conclusioni: gioco romantico, ma che fatica!
Ogni appassionato di videogiochi dovrebbe testare The Shapeshifter, per osservare un mondo videoludico che si sottrae al denaro e vive di pura passione. Francamente, se non si prendesse questo elemento in considerazione, il gioco sarebbe insufficiente: trama confusa, gameplay monotono, musiche bocciate. Ma l’esistenza stessa di questo lavoro mostra che una strada diversa e romantica nei videogiochi è possibile: un messaggio più importante di tutto il resto.
Potete acquistare e provare The Shapeshifter attraverso il sito ufficiale di Green Boy Games. Se avete ancora un vecchio Game Boy funzionante, non esitate a procurarvelo.
Voto: 6
Trasformazioni varie e differenziate
Grafica chiara e ben curata
Trama confusa, soprattutto all’inizio
Musiche da mal di testa
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