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Eldest Souls, Recensione: non c’è pace per i non morti

Eldest Souls è il gioco di debutto del team nostrano Fallen Flag Studio. L’action dalla visuale isometrica è disponibile per Nintendo Switch.

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Nel mondo degli Antichi, tutto era avvolto nella nebbia. Ma poi venne il Fuoco e creò diversità, luce e oscurità. Ci fu un tempo in cui il rimbombo di una campana colpita si propagò per ogni dove, fino a giungere alla penisola abbracciata dal Mediterraneo, fino a risuonare in Eldest Souls.

Fallen Flag Studio debutta nell’industria dei videogiochi con una sfida a dir poco ardua: confrontarsi con Dark Souls e proporne una variante peculiare, personale. Il sogno dei quattro ragazzi italiani e inglesi si è potuto realizzare grazie alla collaborazione con United Label e dopo una lunga attesa, i suoi frutti sono maturati su Nintendo Switch. Eldest Souls si presenta come un action con elementi GDR che gioca su una visuale isometrica. Questa scelta consente uno sguardo peculiare rispetto alla terza persona, uno studio più ampio su un mondo devastato in perenne equilibrio precario tra la tregua e la guerra perpetua. Un mondo che tra rami secchi e speranze perdute nasconde un racconto di vendetta e di prove supreme.

Divino contro umano

In principio era la polvere. Poi, avvenne un miracolo. La Luna pianse frammenti vitali: da uno nacque l’umanità, da un altro le divinità. Il Fato tuttavia non sarebbe stato benevolo con loro, complice un’entità malefica il cui nome serpeggia ancora tra le sporche macerie, Eksyll. Seminando avidità e diffidenza, accese la miccia di una battaglia tra fazioni destinata a cambiare il pianeta per sempre. A poco valse ripudiarlo; dopo una breve reclusione riemerse per prodigarsi nel suo disegno sinistro. Gli Antichi Dei ipnotizzati dal suo potere furono imprigionati dopo la Grande Crociata, con il solo risultato di scatenare la loro vendetta. In questo guazzabuglio, la Luna esalò un ultimo frammento, una scintilla di speranza.

L’ultima speme della Cittadella è un guerriero senza nome dal volto misterioso. Dopotutto non ha bisogno di presentarsi, a parlare per lui è la potente spada con cui procede per i sentieri già battuti da gente abbattuta. La sua missione consiste nel sedare l’odio degli esseri divini con la sua arma. Più esplicita e scevra dai tanti rimandi filosofici del suo dichiarato modello, la trama di Eldest Souls sceglie invece di battere il cammino dell’eroe chiamato a salvare i deboli. L’idea di porre esseri umani e divinità sullo stesso piano risulta narrativamente interessante, così come tali sono gli scampoli di storie secondarie, accenni di una mitologia la cui prosecuzione rimarrà appannaggio della nostra immaginazione.

Di soli boss vive la Cittadella

Un’esperienza brutalmente impegnativa dal ritmo veloce fatta di combattimenti contro dei boss. Ecco come il gioco viene definito dagli autori stessi e a ben ragione. L’obiettivo era di rendere in videogioco la sensazione di estrema soddisfazione derivante da una vittoria, a seguito di numerose sconfitte davanti alle quali non ci si è arresi. Il risultato è una sfilata di nemici assetati di sangue inframezzati da strutture in rovina e paesaggi naturalistici ormai senza vita. Tale scelta di design scatena a nostro parere due conseguenze macroscopiche, una a livello di gameplay, l’altra relativa al target di riferimento.

Il susseguirsi di boss fight mette a dura prova l’utente in cerca di un traguardo. Quando questo sopraggiunge però, non si trascina dietro una progressione calibrata al prosieguo della partita. Si ha insomma la sensazione di rimanere, in parte, come degli eterni novizi, a centellinare i punti abilità lasciati dalle divinità morenti, senza la possibilità di prepararsi degnamente a uno scontro con qualche battaglia campale. Ben inteso, ciò non si traduce nell’assenza di contenuti e anzi, non mancano alcuni personaggi secondari, solitarie personalità con cui scambiare qualche parola e per i quali completare dei favori. Allo stesso modo non mancano documenti da visionare e oggetti pregni di descrizioni atte a contestualizzarli nella cornice narrativa.

Se è poi vero che Eldest Souls cerca di attrarre i fan di FromSoftware, è anche vero che sembra inserirsi in un suo sottoinsieme. Nello specifico, pare richiamare coloro i quali da certe esperienze prediligono il gusto per i lunghi scontri all’arma bianca. In questo senso si pone l’assenza di fiaschette curative, affidando alla bravura del giocatore la sua stessa vita. Per i più masochisti è stato inserito il New Game + con difficoltà accentuata e una modalità, accessibile al termine dell’avventura, dove combattere in una sorta di arena. Accennavamo a dei punti da spendere poiché il gioco vanta un albero di abilità abbastanza vario, distinto in tre tronconi. Lodevole la libertà offerta di passare da uno all’altro semplicemente riprendendosi i punti e posizionandoli su una diversa casella. Potremo pertanto adeguare il nostro stile di nemico in nemico, optando ora per un colpo che danneggia nel tempo, ora per un proiettile di vento.

Il sistema di combattimento verte su un attacco rapido e uno caricato, il primo discretamente lento e poco potente, il secondo rapido e dai connotati tattici. Mirare verso il Dio in questione e menargli un fendente fornirà infatti una finestra temporale preziosissima per recuperare HP moltiplicando gli attacchi, oltre a incrementare i danni inferti. Tali bonus possono essere monitorati tramite un’apposita barra, mentre una seconda, posta sotto alla prima, segna la resistenza. A differenza di Dark Souls, qui la stamina si consuma soltanto con le schivate.

Anime perdute tra i 16 bit

Per il loro lancio nel mercato dei videogiochi, i ragazzi di Fallen Flag Studio hanno prediletto una pixel art a 16 bit quasi tutta votata a colori freddi, scuri. Sul piano artistico, il design dei boss, perno della produzione, risulta abbastanza ispirato, mentre il protagonista e gli ambienti remano verso l’anonimato. Pure a livello musicale, gli autori hanno probabilmente incamerato la lezione di Motoi Sakuraba con i Souls, componendo delle tracce sontuose uniche per ogni singolo nemico. A corredo di un quadro virtuale esteticamente discreto, alcuni elementi riguardanti l’esperienza utente, come i menù, paiono di difficile lettura. Forte della leggerezza dei pixel, il titolo su Nintendo Switch si mostra tecnicamente pulito, privo di sbavature. Chi deciderà di affidarsi alla console ibrida per tentare di salvare le anime perdute della Cittadella, potrebbe trarre vantaggio da un Pro Controller per una gestione più comoda dei comandi.

Eldest Souls è disceso a sconfiggere il Padre dell’Abisso per poi risalire e narrare la sua versione della storia. A una frammentazione della trama con risvolti profondi del suo dichiarato campione ne preferisce una più aperta, con alcuni retroscena curiosi. Sul fronte ludico, se ne discosta polarizzandosi su un gameplay votato ai combattimenti stremanti fatti di studio dei pattern, concentrazione e fermezza. I temerari amanti delle sfide troveranno pane per i loro denti. Eldest Souls è disponibile dal 29 luglio 2021 sul Nintendo eShop di Nintendo Switch a 19,99 euro.

Voto: 7.2

Pro
Un immaginario tutto da svelare
Sistema di combattimento votato allo studio e alla concentrazione
Contro
Alcuni elementi dell’esperienza utente, come il menù, sono poco leggibili
La scelta della boss rush espone il fianco alla mancanza di una concreta progressione

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