Maria Enrica
C’era una volta un’azienda che vessava in cattive acque tali da rischiare di non riemergere. Una flebile speranza s’insinuò però tra quelle onde tumultuose, una fantasia finale il cui eco rimbomba così forte ancora oggi da avere cristallizzato il suo valore eterno in una riedizione, Final Fantasy Pixel Remaster I-VI.
Fu così che nel 1986 Hironobu Sakaguchi presentò a Shigeru Miyamoto un’idea per salvare SquareSoft dalla bancarotta ed è così che nel 2023 l’esalogia originale ritorna su una console di casa Nintendo. Lo fa con una raccolta che incarna il senso di un porting definitivo, sporcato da un paio di scelte di natura esterna a essa eppure immancabile tanto nella libreria videoludica di qualsiasi appassionato di JRPG, quanto in quella di qualunque amante dei videogiochi.
Una potenza in un cristallo di pixel
La forza del marchio Final Fantasy risiede tra le altre cose nella capacità di cambiare i suoi connotati di volta in volta, dalla storia ai protagonisti e insieme di legare ogni nuova iterazione alle precedenti con un filo magico onnipresente. Non si trattano solo dei chocobo, di Cid o dei cristalli, bensì di uno spirito corale e composito che ha contribuito a plasmare una certa visione dei giochi di ruolo giapponesi e a influenzare generazioni di sognatori.
Descrivere puntigliosamente le singole trame e i vari gameplay rischierebbe di virare la seguente recensione nella forma di un freddo elenco; allo stesso tempo, va riconosciuto nel VII un primo, importante punto di rottura, prima del quale si riscontrano dei caratteri omogenei che dal capostipite arrivano a Final Fantasy VI.
Ordinare una fantasia finale
Final Fantasy Pixel Remaster I-VI risponde all’esigenza di ordinare e raccogliere sei giochi distinti che nel corso degli anni hanno ricevuto delle riedizioni su più piattaforme e con una qualità mediamente recepita in modo tiepido o negativo. L’operazione è fedele, ma soprattutto rispettosa del materiale originale, in quanto le modifiche apportate non intaccano il cuore di nessun titolo.
Apprezzati e spesso doverosi sono i ritocchi di quality of life: una mini mappa sempre presente a schermo torna utile in particolare nei dungeon più soffocanti; il salvataggio automatico modernizza un concetto di game over datato in quanto reiterato sul trial and error. Con la versione per Nintendo Switch della raccolta – il cui fattore di portabilità le dona un gusto speciale – il colosso giapponese pone fine al rumore causato da quella per PC nella quale campeggia un solo font rimaneggiato per l’occhio odierno: ora è presente anche quello classico, in modo che tanto i puristi quanto gli altri possano godersi l’esperienza.
La possibilità di rimuovere gli incontri casuali con le creature è inoltre allettante per chi preferisce esplorare senza un ritmo a singhiozzo, ma data l’essenza da gioco di ruolo, consigliamo di usare tale opzione con parsimonia, poiché priverebbe altrimenti di un quantitativo di potenziamenti fondamentali al proseguimento dell’avventura stessa. E se proprio siete indecisi sulla attivazione di quest’ultima, sappiate che Square Enix ha incluso una funzione per aumentare il quantitativo di Gil e di esperienza ricevuta dalle battaglie.
Di pixel e di geni musicali
Il lavoro di svecchiamento grafico è profondo e in linea con la dichiarazione d’intenti condivisa dalla Remaster: ecco che i fondali e gli sprite sono stati ridisegnati, sfoggiando una rifinitura e una pulizia impressionanti; spazio a delle animazioni uniche, come quella degli alberi mossi dal vento, o del mare in tumulto o di alcuni personaggi nelle città. Dopotutto, basta fare il nome di Kazuko Shibuya per chiamare in appello i fan della prima ora e comprendere il peso di Final Fantasy Pixel Remaster I-VI agli occhi di Square Enix, poiché l’artista ha curato il comparto visivo dei primi episodi.
Allo stesso modo, parlando di musica in merito alla serie sarebbe sufficiente fare un nome per commuovere almeno una percentuale di appassionati, visto che Nobuo Uematsu ha ripreso i suoi stessi spartiti facendo da supervisore al lavoro degli artisti. Ora è possibile scegliere a proprio piacimento tra le chiptune e le varianti rimasterizzate in modo dinamico, semplicemente passando dal menù. Il rimaneggiamento musicale ha permesso ai musicisti di lasciare esplodere il loro estro con più sicurezza rispetto ai limiti hardware dell’epoca NES e SNES ed è oggi quasi impossibile rimanere impassibili all’ascolto di un brano specifico, per esempio, del sesto capitolo, localizzato in italiano come il resto del pacchetto.
I cristalli sbiadiscono?
È forse pleonastico sottolineare quanto le sensazioni scaturite da questa raccolta differiscano per esempio dall’imminente capitolo XVI per console Sony. Il primigenio ha il merito di avere dato vita a una serie leggendaria e il secondo di avere cercato di spezzare la sua linearità, ma è chiaro che vadano approcciati con un afflato quasi filologico.
Di più facile fruizione sono le iterazioni legate allo SNES, il VI in particolare e solo in questo senso ha ragion d’essere la politica di commercializzazione optata da Square Enix: sei giochi distinti, ovvero sei diversi acquisti, a meno che non si opti per il bundle. Va citata l’assenza dei contenuti bonus presenti in alcuni vecchi porting, come quelli per Game Boy Advance del sesto capitolo o per PlayStation Portable dei primi tre, per quanto rimarchi l’obiettivo di fedeltà al passato.
Se oggi possiamo festeggiare i 35 anni di Final Fantasy, è perché la serie ha saputo diventare un mito dei videogiochi e oltre non fossilizzandosi sui suoi pilastri, bensì proprio per la capacità di mescolarli, di sperimentare (non sempre in positivo) e di cogliere le sfumature del JRPG adatte a farsi nuovo, di volta in volta, di capitolo in capitolo. Che sia per nostalgia o per scoprire un pezzo di storia, Final Fantasy Pixel Remaster I-VI è a oggi l’occasione più ghiotta di approcciarsi alla fantasia che, invece di raccontare il finale, ha scritto un nuovo capitolo della storia di Square Enix.
Voto: 8.5
Tanta è la fedeltà al materiale originale, quanto sono rispettose le migliorie grafiche e di quality of life apportate
Musiche magistrali
Il fattore portabilità di Nintendo Switch è un incentivo per molti giocatori
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