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Vampire Survivors, Recensione: Dracula incarnato in un roguelite con un cuore italiano

Vampire Survivors è il gioco roguelite sviluppato e pubblicato da Poncle, in arrivo il 17 agosto per Nintendo Switch.

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Se essenzialità fa rima con semplicità, allora Vampire Survivors incarna una sintesi vivace e frenetica dell’una e dell’altra, in formato pixel.

Nato come una sorta di divertissement, di esperimento, il gioco roguelite dell’italiano Luca Galante e degli altri membri di Poncle non aveva infatti chissà quali ambizioni, tanto meno velleità da tripla A. Lo si può interpretare infatti come la tavolozza bianca di uno sviluppatore che, inserendo rimandi a questo o a quell’altro immaginario della cultura popolare in chiave comica o meno, ha divertito se stesso e i suoi colleghi, coinvolgendo poi giocatori da ogni parte del mondo e ora anche la platea di Nintendo Switch.

Vampiri sopravvissuti o del Belpaese

Vampire Survivors, ovvero sopravvissuti ai vampiri, o presunti tali, sono gli oltre venti avatar disponibili, con la maggior parte da comprare attraverso la moneta del gioco: sono per esempio Poppea Pecorina, Porta Ladonna, Gennaro Belpaese, tutti o quasi intrisi di Castlevania, ma con un tocco originale a farne la differenza.

Dalla famiglia Belmont di Konami sono state tratte giusto delle ispirazioni di partenza, tutte puramente artistiche e di sottofondo, mentre il pacchetto generale è stato arricchito da trovate leggere e scanzonate, ideali per il pubblico italiano, con in testa la voglia di divertirsi e di divertire. Insomma al di là della trama, o meglio del pretesto narrativo – consistente nella ricerca di un vampiro… che si trova in un altro castello – la reinterpretazione dell’immaginario vampiresco a mo’ di gioco nostrano a un bar tra amici convince e risulta sempre rispetto del materiale di partenza.

Vampire Survivors

Assuefatti o troppo invincibili?

L’asciuttezza di Vampire Survivors si riversa prima di tutto nel suo onboarding (banalizzando al massimo, l’insieme dei tutorial e degli strumenti affidati al giocatore per capire le meccaniche di un gioco), essendo in un certo senso incarnato nel gameplay stesso. Bastano infatti pochissimi, rapidi tasti, tra la scelta del proprio guerriero e quella della mappa fra le tante da guadagnare, per dare il via alle danze: il prescelto dal giocatore si troverà circondato da orde crescenti di mostri nell’arco di una manciata di secondi, certo che i colpi, siano essi da taglio, da Bibbia, da aglio o altro, andranno a segno senza il suo coinvolgimento diretto.

L’opera prima di Poncle non è infatti un gioco di azione vero e proprio, richiedendo piuttosto al giocatore di fare la parte dello stratega, del game master: a ogni nemico triturato cadrà una perla per aumentare di un livello, superato il quale sarà possibile scegliere un potenziamento tra i tre o quattro offerti (dipende dal tasso di fortuna), sia esso un’evoluzione di una delle armi, o uno strumento di morte aggiuntivo a quelli in possesso. Tra una schivata e una sfilacciata ai demoni, ne viene fuori la possibilità di creare build diverse con caratteristiche e persino sinergie uniche.

Il sistema si configura come una bilancia metaforica, con la progressione del protagonista da un lato, intento a scovare metodi via via più efficaci per avere cara la pelle, e l’intensità quanto la forza delle ondate barbare dall’altro, con l’obiettivo di sopravvivere per 30 minuti. La filosofia premiale sottesa al titolo – con una serie di elementi sonori e di game design studiati per sparare endorfine nel cervello dell’utente – si rinnova di partita in partita, con obiettivi da completare, modificatori permanenti da ottenere, combinazioni da provare.

Il gameplay loop che si viene a creare funziona, seppure basti poco allenamento per diventare pressoché invincibili, al punto da riuscire a passare attraverso orde interminabili di nemici e uscirne con pochi danni; il gioco si rompe a breve giro, inteso come sfida al superamento dei demoni, ed è allora che la spinta a fare un’altra e un’altra sessione vira verso il desiderio di completare ogni contenuto segreto proposto.

Vampire Survivors

Un casinò sonoro

Il fattore Nintendo Switch diventa una variabile da considerare con Vampire Survivors, in virtù della portabilità della console; che sia per una partita veloce utile a scaricare della tensione accumulata esternamente, o per una lunga sessione, la piattaforma ibrida della casa di Kyoto è l’ideale per lasciarsi rapire dai vampiri di Poncle.

Asciutta e semplice, la pixel art proposta da Luca Galante e soci rimanda all’era degli 8 bit senza particolari guizzi estrosi. Allo stesso tempo, riesce a farsi apprezzare nel tentativo di creare una comunione di grande sobrietà con il suo gameplay. Da premiare è piuttosto il lavoro svolto con il sonoro e le musiche, congegnate in maniera sopraffina e intelligente per invogliare il giocatore ad aspettare il prossimo premio prima di spegnere, o quello successivo ancora.

Da passatempo scanzonato a gioco rilasciato ora su tutte le piattaforme presenti sul mercato, Vampire Survivors fa dell’essenzialità la sua forza maggiore, ora con un’immediatezza vincente, ora con la possibilità di accumulare partite su partite per provare delle build, conquistare degli obiettivi, raggiungere il limite dei 30 minuti a livello. Proprio la sua rapidità di esecuzione porta il sistema di sfida a rompersi molto facilmente rischiando una certa ripetitività e starà alla Poppea Pecorina di turno scegliere se dire basta o darsi a un’altra partita.

Vampire Survivors è disponibile per Nintendo Switch dal 17 agosto tramite il Nintendo eShop al prezzo di 4,99 euro.

Voto: 7.8

Pro
Divertente nella sua essenzialità
Comparto sonoro e musicale che centra appieno lo spirito gioviale del gioco
Varie possibilità di sperimentare e prefiggersi degli obiettivi da portare a termine…
Contro
… Ma la semplicità con cui si diventa invincibili rende il gameplay prevedibile e ripetitivo

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