Maria Enrica
Cosa è uno SCHiM? È lo spirito che anima tanto gli esseri viventi quanto quelli inanimati. Ok, ma cosa è SCHiM? È l’avventura un po’ platform, un po’ puzzle che si tuffa all’ombra di Nintendo Switch con la semplicità di un’idea originale.
Certo il trittico di avventura, platform e puzzle trova una cornucopia di esponenti nel panorama videoludico, eppure quello sviluppato da Ewoud van der Werf e Nils Slijkerman riesce a ritagliarsi uno spazio tale da consentirgli di non vivere all’ombra degli altri. Vuoi per la sua direzione artistica, vuoi proprio per il suo concept nato come progetto personale del primo autore nello studio di Extra Nice, SCHiM si rivela un’esperienza solida da promuovere.
L’ombra del protagonista
Ogni cosa nel mondo rivela un’ombra, se esposta a una fonte di luce: cosa accadrebbe però se tale equilibrio si spezzasse e un singolo schim si separasse dal suo padrone? Si tratta dell’incipit del nostro SCHiM, che vede il piccolo spirito intraprendere un percorso tortuoso lungo zone più o meno urbane per ritrovare la sua metà, un bambino senza nome, ignaro dell’accaduto.
Sarebbe stato forse più comune vestire i panni di quel ragazzino, invece è la sua ombra a staccarsi e divenire protagonista assoluta – come sottolineato anche dal disegno più dettagliato di quest’ultima rispetto ai volti vuoti degli umani. Nell’opera di Ewoud van der Werf e Nils Slijkerman, lo spirito è più che pacifico e intenzionato a balzare per le ombre di ogni oggetto o persona del circondario per ritrovare chi abbia generato lui.
Assenti dialoghi o qualsivoglia parola o verso, la narrazione diegetica che si crea nel gioco parla di rapporti indissolubili e radicati, di quelli che pure nella distanza restano inamovibili. Senza mai calarsi in un qualche discorso introspettivo o filosofico o psicologico, la storia gioca di pari passo ora con il concept dell’ombra, ora con la semplicità – in termini di meccaniche – del titolo.
Solo una parte pare scendere nelle profondità della psiche del bambino senza nome, una parentesi fugace che discorda parzialmente con il resto, lasciandoci a metà tra tale livello d’introspezione e quello in superficie della città fatta di persone senza voce.
Balzo della fede
Con platform vengono alla mente piattaforme sospese, nemici brulicanti da qualche buco e altri ostacoli pronti a pararci il cammino verso il traguardo, come Super Mario insegna. In SCHiM sono sì presenti delle zolle su cui atterrare compiendo dei balzi – la cui parabola può essere appena accentuata da una pressione maggiore del tasto preposto al salto – ma andando di ombra in ombra rimaniamo sempre (o quasi) ancorati al terreno.
Ogni cosa ha uno schim, di conseguenza il nostro SCHiM può balzare dietro ora a un albero, ora a un cane, ora a un barbecue, ora a una fontana e molto altro; notevole, anche da un punto di vista puramente artistico oltre che di gameplay, notare che sia possibile interagire con ogni oggetto o essere vivente, che presenta un’animazione (quasi) unica.
I movimenti di ciò che ci circonda non sono fini a se stessi, offrendo piuttosto delle soluzioni ai percorsi bloccati del gioco, consistendo il suo scopo nel passare da un punto A verso uno B, in una sinergia continua di platform e puzzle. SCHiM non è e non vuole essere punitivo o sfidante; semplicemente, stare troppo tempo fuori da una zona ombrosa ci farà ripiombare al precedente check point raggiunto.
Non significa al contempo che il gioco sia da approcciare a occhi chiusi, richiedendo invece di studiare l’ambiente, che sia attraverso un ingrandimento dell’obiettivo o con una rotazione manuale di circa 90 gradi della visuale. L’unico, reale smacco in termini di gameplay risiede in una pochezza nella varietà degli approcci agli enigmi e alle meccaniche tutte, tra l’inizio e la fine dell’esperienza, rischiando di risultare troppo piatto, come un’ombra.
All’ombra di quattro colori
Impossibile negarlo: SCHiM ti cattura nella sua ombra grazie a uno stile artistico notevole, creato passando da Unity e utilizzando Blender per la modellazione, il tutto per degli ambienti in quadricromia (una scelta dettata anche dal daltonismo di Ewoud Van der Werf).
Ogni livello è infatti immerso in un colore diverso tale da suggerisce un momento della giornata specifico: dal verde chiaro per una mattinata al parco, all’arancione per una città sulla via del tramonto, passando per il blu delle strade di notte.
La grafica è estremamente nitida, pulita, senza fronzoli. Nell’osservare la città e i suoi abitanti in movimento sembra di guardare un fumetto in movimento, seppure con la libertà di ruotarlo e interpretarne una parte, all’ombra degli altri.
Sul piccolo schermo di Nintendo Switch ogni colore risalta come una sorta di secondo protagonista, meglio ancora se sul modello OLED. Ottimo anche il lavoro sul sound design e sulle musiche, che riescono in modo ottimo a sopperire alla precisa mancanza dei dialoghi.
Molte luci e poche ombre
Da progetto personale a opera lanciata sul mercato, quella di Ewoud van der Werf e Nils Slijkerman vive di molte luci e poche ombre, a discapito del suo nome e del suo concept. Proprio l’idea e la conseguente realizzazione di SCHiM ne innalzano il valore, nella misura in cui gli autori sono stati capaci di rimescolare i canoni del puzzle e del platform in maniera personale, seppure con una certa piattezza nel medio e lungo periodo, con un tocco artistico di prim’ordine.
SCHiM è disponibile per Nintendo Switch tramite il Nintendo eShop dal 18 luglio al prezzo di 24,99 euro.
Voto: 7.4
Stile artistico accattivante e in sinergia con il concept di gioco
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