Maria Enrica
Nata con la volontà già rodata da altri di spolverare una proprietà intellettuale con qualche anno sulle spalle a favore delle nuove generazioni, quella che ora possiamo chiamare a tutti gli effetti la serie Two Point si è tramutata in qualcosa di leggermente differente.
Non più solo un seguito spirituale e rifacimento moderno di Theme Hospital (1997), bensì la cifra stilistica di Two Point Studios nel genere gestionale. Il guaio è che, di gioco in gioco, la sedimentazione di questo modus operandi rischia di riportare il concept nella sua teca da museo, privandolo di quel guizzo che ne decretò il successo nel 2018.
Sotto l’egida del direttore del museo giapponese SEGA, Two Point Studios è salita di grado, passando dagli ospedali, ai college per finire nel tempio degli archeologi e non solo. Two Point Museum prende la lezione di Hospital, le novità di Campus e le innesta nell’iterazione più matura del terzetto, più pulita e puntellata di elementi sempre collegati alla gestione dell’edificio.
A differenza dei predecessori, quest’ultima balza l’uscita su Nintendo Switch, pertanto ho aperto il mio istituto culturale su PlayStation 5 per scoprire come si comporti su console.
Micro gestione
Cosa si fa in Two Point Museum? Semplice, si costruisce, decora e gestisce uno o più musei. Sì perché dal menù principale si accede a due modalità: la campagna permette di gestire più edifici in maniera parallela da sbloccare a uno a uno dopo certi traguardi, con l’obiettivo principe di farli diventare i migliori nelle rispettive aree, per un totale di cinque regioni a cui corrisponde un tema chiave, dall’acquario all’archeologia passando per lo spazio e la casa infestata; la modalità libera non impone invece vincoli tematici oppure obblighi di trasferimenti, dando la possibilità di creare e amministrare la propria struttura personalizzata.
Sia una o l’altra la scelta della modalità, a questa segue la conoscenza dell’editor del gioco: ancora una volta, la serie non vuole rivolgersi esclusivamente a un target di esperti del genere, come si evince ora dalla semplicità con cui sia possibile navigare per i menù a tendina, ora dalle statistiche ridotte al minimo indispensabile, ora dalle schede di ogni oggetto o persona arricchite da dei consigli per migliorarne il rendimento.

Seppure sulle prime i livelli presenti sembrino limitare la fantasia del neo architetto e curatore del museo, invero dallo stesso editor è possibile modificare le dimensioni delle varie stanze interne. Piazzate quelle prioritarie (bagni compresi), prima di aprire al pubblico è fondamentale assumere il personale, che si divide anche in Two Point Musem per categorie: gli studiosi – legati alla novità principe di tale capitolo – gli inservienti per mantenere la struttura linda e pulita, gli assistenti per vendere biglietti e souvenir vari e le guardie di sicurezza.
Anche in questa sede, i dipendenti vanno coccolati oltre che pagati, costruendo la stanza dello staff dove mangiare, riposarsi ed eventualmente curarsi, insieme a quella nella quale allenarli: un assistente potrebbe avere bisogno di una maggiore propensione al rapporto con il pubblico, o una guardia necessitare di una corsa più veloce per catturare i ladruncoli ed ecco che la biblioteca del museo farà al caso loro per consentirgli di guadagnare un nuovo talento.

Macro gestione
Seppure Two Point Museum non si proponga come un gestionale complesso, bisogna puntare il dito verso una maggiore concentrazione dell’aspetto affaristico e finanziario delle strutture. Mi riferisco proprio alle rinnovate possibilità di guadagno ora dalle sovvenzioni pubbliche, ora dai singoli visitatori paganti.
D’altronde un conto è un ospedale, un altro è una scuola, un altro ancora è un museo, un luogo che sì vuole diffondere cultura, ma solo previa presenza di denaro. L’importanza dei visitatori pertanto non si esaurisce al biglietto venduto, perché più sono contenti e più propensi saranno sia a lasciare delle mance presso degli appositi contenitori (da mettere vicino ai reperti più gettonati), sia a dare una recensione positiva della struttura e a comprare dei già citati souvenir.

La buona riuscita di questo circolo affaristico di entrate e uscite trae forza dalla qualità del museo in sé e dalle sue singole attrazioni: reperti più rari portano maggiori guadagni in linea di massima, ma ancora più importante è posizionare ognuno di essi in maniera strategica, tra cartelloni informativi, decorazioni e antichità affini per aumentarne il prestigio.
Anche qui, l’assenza di malus particolarmente ostici a fronte di scelte apparentemente illogiche, come tappezzare i muri di decorazioni a caso solo per aumentare il fascino di un certo reperto, dimostra ulteriormente che Two Point Hospital sia un titolo gestionale molto leggero, almeno per chi abbia un minimo di dimestichezza con il genere.

Reperti, humor e dove trovarli
Le spedizioni scientifiche sono la novità principale in dote a Two Point Museum, che si presentano a partire da un elicottero parcheggiato all’esterno di ogni edificio in gestione al giocatore. Sono il modo con cui scovare i reperti (che si declinano in base al tema del museo, come pesci, fantasmi, ossa di dinosauro e non solo) da sfoggiare nel proprio edificio, attraverso un sistema apparentemente complicato eppure semplice da incamerare.
Basta investire del denaro, preparare uno o più specialisti per un determinato percorso, scegliere l’eventuale equipaggiamento bonus come un kit di pronto soccorso e aspettare il loro ritorno. Nulla di sorprendente nell’economia del gioco, ma sì un’aggiunta promossa e funzionale nel concept di un museo dedito ai ritrovamenti.
In tutto questo non ho fatto alcuna menzione della cifra stilistica di Two Point, quella che come detto le consentì di spiccare su tanti altri esponenti del genere, ovvero la sua verve, il suo senso dell’umorismo. Questo poiché Two Point Museum si distanzia enormemente dai suoi due precessori, sacrificando le situazioni paradossali e le trovate al limite del grottesco per qualcosa di più ordinario; un po’ meno Two Point, un po’ più gestionale e basta insomma.
Mostra o museo?
Two Point Museum è invece riconoscibile dal punto di vista tecnico, grafico e artistico, in linea con la serie. Al contempo, gli oggetti del museo, così come i reperti in sé, palesano dei modelli più rifiniti che mai, mentre i visitatori sfoggiano delle animazioni ben curate e realistiche, facendosi delle foto, abbracciando i dinosauri delle postazioni interattive.
Two Point Museum è il punto di maturazione di quella che è iniziata come un’operazione nostalgia ed è diventata una serie a tutti gli effetti, ma è anche un punto di cambiamento. Le caratteristiche da gioco gestionale sono tutte presenti, ben rodate, arricchite da qualche aggiunta intrigante e abbellite da una veste grafica distintiva.
Proprio a proposito del distinguersi dagli altri, però, l’ultimo ritrovato di Two Point Studios sembra perdere la bussola che ha portato l’IP alla ribalta, ovvero la sua combinazione di assurdità, ironia e leggerezza tale da convincermi a diventare direttrice di un ospedale, un college e di un museo.
Two Point Museum è disponibile per PC tramite Steam, per PlayStation 5 (la versione presa in esame) e Xbox Series S/X.
Voto: 7.7
L’editor è ben congegnato e semplice da usare
Il capitolo più maturo della serie…
A volte le schede informative rendono le schermate troppo ridondanti di stimoli
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