Dopo quattro anni dalla dichiarazione di Eiji Aonuma sulla produzione di un The Legend of Zelda fuori dagli schemi, che avrebbe stravolto l’idea di dungeon da completare in un ordine predefinito, il momento è arrivato: The Legend of Zelda: Breath of the Wild è qui, nelle nostre mani, e parleremo nel dettaglio delle nostre prime cinque ore di gioco. Vi ricordiamo che la versione di cui trattiamo è quella per Nintendo Switch, poiché non ci è stato possibile provare quella per Wii U.
Contrariamente a quanto siamo stati abituati a vedere in passato, e mi riferisco a titoli come Twilight Princess o Skyward Sword, Breath of the Wild taglia corto con cutscenes introduttive o dialoghi esplicativi di sorta: dopo un sonno lungo cento anni il nostro eroe Link si sveglia, senza saperne il perché, ed è subito gettato all’interno del mondo della terra di Hyrule, più precisamente nell’Altopiano dell’Origine. Qui sarà possibile fare la conoscenza di un rumoroso e barbuto signore anziano che ci potrà guidare alla scoperta delle quest principali e della main story line, oppure potrete dedicarvi alla libera esplorazione alla ricerca di oggetti rari, nemici potenti, armi variegate o set di armatura.
Non vi nascondiamo che noi stessi, nonostante fremessimo dalla voglia di scoprire di più sulla trama di questo nuovo titolo, non abbiamo resistito a setacciare ogni singolo anfratto dei luoghi circostanti alla caverna nella quale inizia l’avventura, e con poche conoscenze di alcune meccaniche di combattimento abbiamo anche preso delle sonore mazzate.
Ad ogni modo è proprio questa la peculiarità di Zelda Breath of the Wild: laddove nei precedenti titoli si era bene o male costretti a seguire un percorso guidato, scriptato, nonostante fosse contestualizzato in mappe di gioco sicuramente non minute, qui invece non solo è possibile progredire nella storia principale quando e come si vuole, ma la stessa main quest line, della quale ancora non possiamo dirvi nulla, può essere affrontata con una certa libertà di scelta: tanto per fare un esempio, partire da un certo dungeon anziché un altro.
C’è da dire che, almeno nelle prime ore di gioco, la fase esplorativa è stata decisamente più appagante di quella delle quest principali: anche solo le ambientazioni dell’Altopiano dell’Origine, che in confronto alle regioni successive ha un area piuttosto piccola, sono molteplici e variegate e raramente si ha la sensazione di trovarsi in una copia di un luogo precedentemente visitato. Abbiamo pianure, paludi, foreste, o montagne innevate, con tanto di temperatura che si alza o si abbassa e di necessità di vestire Link in modo appropriato per evitare che subisca danni.
Il fatto che Link possa sostanzialmente scalare qualsiasi cosa, dagli alberi ai muri, aumenta la libertà di movimento in maniera esponenziale, anche se c’è un ma; almeno nelle fasi iniziali di gioco abbiamo trovato forse troppo limitata la barra del Vigore, che si consuma compiendo azioni come nuotare, scalare o correre. Se quando si scala non ci sono problemi, la corsa dell’eroe è veramente limitata a qualche secondo prima di stancarsi; certo, durante l’avventura sarà possibile spostarsi con mezzi diversi e soprattutto sarà possibile aumentare la barra attraverso vari espedienti dei quali non possiamo parlare, ma rimane il fatto che nelle prime ore di gioco ci si sente un po’ frenati, soprattutto per me che ho ancora in testa l’esperienza di Xenoblade Chronicles su Wii U con quella corsa infinita ai limiti della gravità.
Ciò che invece non è limitante ed è sorprendente oltre ogni limite, credetemi, è la libertà d’azione nell’utilizzo dell’ambiente circostante, unito ad una fisica impeccabile: in Zelda Breath of the Wild il motto del giocatore è sicuramente “Se lo penso, lo posso fare”. In un punto del gioco che non possiamo rivelarvi è per esempio necessario spostare delle piattaforme che possono permettere a link di camminare in linea retta: io, per recuperare un oggetto, sono caduto più in basso rispetto a queste pedane, e ho pensato di dover risalire in superficie per completare il breve puzzle. Poi però, ho fatto una prova: ho cercato di spostare le pedane in obliquo, per recuperarmi direttamente da dove ero caduto: e ragazzi con mia sorpresa è stato possibile, sono arrivato a destinazione creandomi un percorso diverso da quello ideato originariamente dagli autori del gioco. Ancora, è possibile tagliare alberi per produrre legna e accendersi un fuoco per bivaccare; ma è anche possibile tagliare un tronco per farlo cadere addosso ad un nemico e fargli scivolare l’arma via dalle mani, oppure spostare un tronco fra due pendenze per utilizzarlo come ponte, o tornando al falò di prima, utilizzarlo per incendiare le proprie armi e renderle più potenti. O bruciare cespugli nelle vicinanze, cose che Chiara ha fatto senza un motivo particolare.
Anche il combat system lascia una libertà piuttosto ampia al giocatore: le armi a disposizioni sono scudo, armi ad una mano o a due mani, e l’arco con frecce di vario tipo, da quelle di legno a quelle esplosive. I controlli a dire il vero non sono semplicissimi da apprendere, poiché ogni singolo tasto dei Joy-Con è da utilizzare durante le fasi più caotiche di Zelda Breath of the Wild: ancora adesso a volte ci capita di schiacciare un comando per un altro, e vedremo se andando avanti con l’avventura riusciremo a farci l’abitudine. Il punto è che non è semplicemente la scelta di un’arma anziché un’altra a rendere il giocatore libero di fare quello che vuole: è proprio l’approccio al combattimento che può essere modificato a proprio piacimento. Nella HUD infatti è presente un rilevatore di suono, che banalmente segnala il rumore che compiamo muovendoci: accovacciandosi e munendosi di arco e frecce, magari con l’aiuto di rocce particolarmente alte o cespugli è possibile mimetizzarsi e fare fuori un intero accampamento di nemici in modalità stealth, senza mai ricorrere al corpo a corpo. Nel corpo a corpo invece è possibile affrontare i nemici a viso aperto, magari parando i colpi nemici con lo scudo, oppure cercando di effettuare una schivata perfetta, che rallenterà il tempo per qualche secondo permettendoci – usiamo un gergo tecnico – di coricare di mazzate più nemici contemporaneamente.
Come detto prima infine, possiamo anche lavorare di ingegno e utilizzare l’ambiente circostante come arma impropria: con grandi massi a disposizione, possiamo farli rotolare addosso ai nemici per investirli, oppure scaraventargli addosso pesanti oggetti di metallo. A volte addirittura incontreremo nemici come questo, che non possono essere sconfitti: e allora l’ambiente circostante sarà l’unico modo di sopravvivere ad un combattimento a senso unico. Qui mi sono dovuto nascondere dai raggi nemici utilizzando muri e colonne di sorta.
Accanto ai combattimenti e all’esplorazione, ci sono diverse attività secondarie che possono essere svolte durante le ore di gioco, e che risultano fondamentali per aiutare il giocatore a sopravvivere nelle terre di Hyrule: una di queste è la cucina. Cacciando animali come cinghiali o volpi, raccogliendo mele, miele, o funghi che crescono negli ambienti boschivi, è possibile raccogliere ingredienti che una volta combinati insieme danno la possibilità di creare pietanze che non solo hanno proprietà curative, ma anche effetti secondari. Alcune carni ad esempio hanno la possibilità di aumentare la furtività, altre la resistenza al freddo, e altre ancora la velocità dei movimenti: effetti temporanei che possono tranquillamente rendere più semplice una fase esplorativa oppure un combattimento particolarmente complesso. Inoltre, raccogliendo oggetti dai nemici, come frammenti delle loro corna o dei loro artigli, è possibile cucinare delle pozioni, magari mischiandoli alle interiora di qualche insetto o anfibio: anche qui abbiamo gli stessi effetti di cui sopra, solitamente più lunghi nel tempo ma con minori effetti curativi. Fatto sta che anche qui nulla è lasciato al caso, e il giocatore deve ragionare su come utilizza e combina gli ingredienti: pensando che tutto potesse bene o male dare qualcosa, abbiamo mischiato le corna di un nemico ad un bullone ed una ghianda, ma quel che ne è venuto fuori è stata una poltiglia inutilizzabile senza nessun effetto. Ed essendo Chiara brava ai fornelli anche nella vita reale, l’idea ovviamente non può che essere stata mia.
Ci sono tuttavia un paio di elementi che destano qualche perplessità: il primo di questi è la telecamera di gioco. Sebbene non si possa parlare di una telecamera imprecisa, a volte, soprattutto quando si sta sfuggendo da una grande quantità di nemici per attirarli vicino ad un precipizio, o comunque portarli verso un luogo più congeniale a noi, si finisce per non riuscire a vedere niente e rimanere magari incastrati fra ostacoli naturali. Altre volte, cercando di mirare con l’arco rimanendo nascosti dietro un cespuglio, il gioco continuava a visualizzare solo il cespuglio, non permettendoci di mirare oltre esso uno o più nemici da abbattere. Magari si tratta solo di abitudine, ma come detto prima i tasti da utilizzare durante le fasi frenetiche sono veramente tanti, e dover combattere anche con la levetta destra del Joy-Con per avere una visuale perfetta ci è costata diversi cuori infranti dalle mazze dei nostri nemici.
L’altra invece è la colonna sonora, e qui si entra nel gusto puramente soggettivo. La colonna sonora, almeno fino a dove siamo arrivati a giocare, è composta principalmente di brevi passaggi di piano forte, che diventano un po’ più incalzanti quando vi sono dei combattimenti contro i nemici, il tutto in uno stile prettamente Jazz. Sicuramente la scelta è azzeccata per aumentare l’immersione nell’ambientazione, farci sentire meno davanti ad un videogioco e più all’interno di luoghi selvaggi che mettono in pericolo la nostra sopravvivenza: credo però che si possa fare di più, soprattutto nelle fasi di combattimento nelle quali vorrei più grinta ed energia. Vedremo se proseguendo con il gioco ci sarà un cambiamento o si rimarrà sempre e comunque in toni di questo tipo.
Lasciamoci dunque con un commento finale: Zelda Breath of the Wild è un gioco che riesce a catturare la nostra attenzione fin dai primi minuti, e che si distingue per vastità delle ambientazioni, intelligenza dei puzzle proposti e libertà d’azione. Un gioco che per altro, sempre nelle prime ore di gioco, si è mostrato difficile in un modo che francamente ci piace veramente tanto: scordatevi di fare delle run perfette senza avere paura dei nemici. In Zelda Breath of the Wild morirete, morirete veramente tante volte, e sarà l’esperienza accumulata nei vari tentativi di sgominare certi nemici che vi farà arrivare ad una strategia ottimale e soddisfacente per superare ostacoli e difficoltà. È ancora presto per giudicare, sono ancora tante le ore di gioco che ci aspettano prima del completamento dell’avventura e troppe poche le informazioni di cui possiamo parlarvi in questo primo video: rimandiamo quindi il giudizio definitivo alla recensione del 2 marzo.
Cydonia e Chiara vi aspettano domani sul canale YouTube di Pokémon Millennium con un video unboxing di Nintendo Switch, ed un commento dettagliato sull’hardware presente nella confezione ufficiale del prodotto!
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