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L’incredibile storia di Yoshi: segreti e successi di un Munchakoopas

Yoshi, il dinosauro più famoso nel mondo dei videogiochi, è prossimo ai 30 anni! Andiamo alla scoperta dela sua storia e dei suoi segreti.

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Yoshi, il dinosauro più celebre dell’universo videoludico, sta per compiere 30 anni! Quale migliore occasione per ripercorrere la sua storia, analizzando i titoli che lo hanno visto protagonista e spulciando qualche curiosità sul suo conto? Per l’occasione, Nintendo of America ha pubblicato sul proprio profilo Twitter una timeline che ripercorre l’intera carriera del migliore amico di Mario.

Partiremo da come è nata l’idea per questo personaggio nella brillante mente di Shigeru Miyamoto, passando per la sua incoronazione a principe del platform in 2D fino ad arrivare ai giorni nostri. La fama di Yoshi nel corso degli anni ha subito qualche oscillazione, ma oggi il dinosauro è in forma smagliante, ed è pronto a ricordarvi di che pasta è fatto nella sua ultima avventura su Nintendo Switch!

Come nasce una celebrità

La prima apparizione di Yoshi risale al 1990, anno di debutto del SNES in Giappone, successore del NES e simbolo dell’era 16-bit. Il lancio della console venne accompagnato da Super Mario World, titolo diretto da Miyamoto in collaborazione con Takashi Tezuka, che riscosse un enorme successo e consacrò il dinosauro come star del momento.

Il gioco vede i fratelli Mario e Luigi catapultati su Dinosaur Island dove, con l’aiuto del nuovo beniamino verde di casa Nintendo, dovranno affrontare Bowser e i suoi figli per salvare la principessa Toadstool. In questa prima apparizione di Yoshi, possiamo notare che le sue braccia sono di colore arancione, in contrasto con il resto del corpo, mentre nelle successive avventure a colori del dinosauro esse saranno in tinta con il resto del suo fisico.

Un’oscura curiosità di questo titolo riguarda il rapporto tra Mario e il suo compagno. Da una recente intervista a Shigefumi Hino, designer del gioco, è emerso che nel corso del gioco l’idraulico è solito colpire ripetutamente con un pugno la testa di Yoshi, il quale per la sorpresa spalanca la bocca ed estrae la lingua. Se avete sempre creduto che il gesto di Mario consistesse in un semplice incitamento, vi siete sbagliati.

L’entrata in scena di questo personaggio è stata tardiva rispetto ai progetti originari. Miyamoto-san, infatti, desiderava che il baffuto idraulico avesse la possibilità di cavalcare un dinosauro fin dai tempi di Super Mario Bros., cosa resa impossibile dai limiti tecnici imposti dal 1985. Si dice addirittura che il direttore artistico fosse così impaziente di implementare un preistorico destriero nelle avventure di Mario che il Costume Rana ideato da Tezuka, designer di Super Mario Bros. 3, fosse una sorta di premio di consolazione ideato appositamente per sedare, almeno in parte, la bramosia del collega verso una presenza sauriforme nei titoli.

Impossibile, inoltre, non citare la somiglianza tra Yoshi e Tamagon, il drago verde protagonista di Devil World, gioco per NES anch’esso frutto del duo Miyamoto-Tezuka. L’eroe del titolo datato 1984 ha sicuramente ispirato il concept del verde comprimario debuttante in Super Mario World, che ne ha ereditato la specie, il colore del corpo e la caratteristica cresta rossa.

Ruoli di secondo piano e Kooparentele nascoste

La fortuna che ebbe il personaggio presso il grande pubblico non passò inosservata dalla grande N, che negli anni successivi pubblicò diversi titoli basati sul dinosauro verde. Nel 1991 fu la volta di Mario & Yoshi (chiamato semplicemente Yoshi nella versione statunitense), puzzle game sviluppato da una neonata Game Freak pubblicato su NES e Game Boy appena in tempo per invadere i salotti nel periodo natalizio. Il ruolo giocato dal dinosauro qui risulta marginale: esso funge più che altro da spettatore inerte mentre Mario risponde ai comandi del giocatore, spostando le tessere per appaiarle e farle sparire al fine di guadagnare punti.

Yoshi’s Cookie debutta nel 1992, approdando contemporaneamente su 3 console: NES, SNES e Game Boy. Anche questo titolo è incentrato su meccaniche in stile Tetris, ed è proprio la Bullet Proof Software (ora Blue Planet Software), sviluppatrice della versione per Game Boy del secondo videogioco più venduto nella storia, ad aver curato l’adattamento per SNES di Yoshi’s Cookie.

Curiosamente, proprio in questa versione possiamo riconoscere per la prima volta l’iconico aspetto che il personaggio avrà in Super Mario World 2: Yoshi’s Island, la punta di diamante dell’intera serie. Il design di Yoshi qui risulta più rotondeggiante, paffuto e tenero rispetto al passato, in pieno stile Nintendo.

Una chicca per collezionisti: esiste un’edizione limitata giapponese del gioco (una tiratura di sole 500 copie) che comprende un’inedita modalità avventura e un tutorial per cucinare i biscotti che compaiono nei livelli. Questo speciale esemplare dal titolo Yoshi’s Cookie: Kuruppon Oven de Cookie era venduto in bundle con un forno della National (azienda del gruppo Panasonic) al fine di promuovere il loro nuovo prodotto.

Un netto cambio di rotta avviene nel 1993, quando arriva sul mercato nipponico Yoshi’s Safari. Si tratta di uno sparatutto in prima persona, che vede Mario affrontare a colpi di Super Scope (periferica per SNES a forma di bazooka) i Bowserotti e gli altri sgherri di Bowser nel regno di Jewelry Land, a cavallo del fidato compagno.

È qui che compaiono per la prima volta i sette scagnozzi del Re dei Koopa (Iggy, Larry, Lemmy, Ludwig, Morton, Roy e Wendy) e anche il primo esemplare di Magikoopa, che sarà d’ispirazione alla creazione di Kamek, acerrimo nemico di Yoshi dal seguente episodio in poi. Inoltre, questo è il primo titolo in cui ci si riferisce alla principessa Toadstool come Peach, nome con cui viene identificato il personaggio in ogni gioco della serie al giorno d’oggi.

Nello stesso anno viene pubblicato il Manuale Ufficiale dei Personaggi Nintendo (The Official Character Manual from 1993), che rivela il nome intero del dinosauro verde: T. Yoshisaur Munchakoopas. Risulta quindi chiaro che esiste una parentela tra Yoshi e i Koopa, come qualcuno avrebbe potuto sospettare guardando accuratamente la schiena del personaggio.

“Comunque… sapevate che la “sella” sulla schiena di Yoshi è un guscio?”

Quella che a primo sguardo potrebbe sembrare una sella, dove è solito sedersi Mario quando sale in groppa al compagno, è in realtà un guscio. Nonostante la stessa Nintendo sia stata poco chiara riguardo alla questione (ne è la dimostrazione il disegno del Manuale Ufficiale che indica la parte del corpo proprio come saddle = sella), l’ultimo tweet di Nintendo of America contenente la timeline commemorativa fuga ogni dubbio sulla natura di questo particolare. Del resto, perché chiamarlo Munchakoopas se non si trattasse proprio di un ghiottone appartenente a quella famiglia?

L’isola del tesoro

Corre l’anno 1995 quando il piccolo dinosauro segna la storia, questa volta da protagonista assoluto. Super Mario World 2: Yoshi’s Island arriva su SNES ed entra nell’olimpo dei videogiochi, regalando ai giocatori un’esperienza platform quasi impossibile da eguagliare. I colori brillanti, le ambientazioni fiabesche, i motivetti scanzonati, il gameplay dinamico, i comandi di gioco precisi e reattivi, la trama romantica: questa è la formula magica che permette a Yoshi’s Island di restare impresso nel cuore di coloro che hanno avuto la fortuna di giocarlo.

Il titolo si apre sulle note di un carrillon, che accompagna una sequenza di una dolcezza rara: una cicogna sta trasportando nel proprio fagotto due pargoli. Si tratta di Baby Mario e Baby Luigi, i fratelli protagonisti delle numerose avventure con le quali siamo cresciuti. Ma l’incursione di Kamek, malvagio Magikoopa, e dei suoi sgherri compromette la consegna dei bebè: Baby Luigi viene rapito mentre il fratellino precipita in una foresta.

Qui il piccolo viene trovato da una tribù di Yoshi, che da quel momento saremo chiamati a controllare uno dopo l’altro in una lunga staffetta volta a ricongiungere i due neonati. Così comincia questa incredibile avventura, dove i buffi nemici regalano allo stesso tempo grosse frustrazioni e ampi sorrisi, e durante la quale vi troverete a fronteggiare sfide sempre più impegnative.

L’intero gameplay, sebbene basato sugli episodi precedenti della serie di Mario, viene completamente rivoluzionato. Il lancio delle uova permette al giocatore di sfruttare l’ambiente circostante per colpire di rimbalzo nemici altrimenti intoccabili; lo svolazzamento rende possibile a Yoshi di atterrare in luoghi che con un semplice salto sarebbero impossibili da raggiungere; lo schianto a terra diventa la chiave per la soluzione di alcuni dei numerosi puzzle ambientali disseminati per i livelli; i Fiori e le monete rosse sono elementi collezionabili che rendono il completamento del gioco un’impresa inedita agli appassionati dei titoli che hanno per protagonista l’idraulico.

Queste nuove formule riescono a dare una massiccia rinfrescata alla serie, rendendo il capitolo ancor più speciale. Inoltre, Miyamoto riesce a dare una marcia in più al gioco, grazie alle sue decisioni nell’ambito della direzione artistica. Nintendo infatti voleva che fossero seguite le orme di Donkey Kong Country e il suo stile grafico che sfruttava la pre-renderizzazione dei modelli inseriti nell’ambiente di gioco: grazie a questa tecnica, l’impressione era quella di giocare a un titolo in 2,5D.

Miyamoto-san intraprese la direzione opposta, facendo disegnare a mano tutti i personaggi e le ambientazioni di gioco dal suo team, che avrebbe in seguito scannerizzato i risultati per ricostruirli pixel per pixel il più fedelmente possibile agli originali. Il risultato è spettacolare, tanto che a quasi 25 anni dal suo debutto Yoshi’s Island è un piacere per gli occhi, al contrario di Donkey Kong Country che invece risente visivamente della propria età.

Nel 2002 uscì Super Mario Advance 3: Yoshi’s Island, porting per Game Boy Advance molto fedele all’originale, che ha saputo dare nuova visibilità al titolo sempreverde. La versione portatile può contare su qualche livello extra e un comparto sonoro nettamente migliorato, sia per quanto riguarda la qualità dei brani che quella degli effetti sonori.

Una serie di sfortunati eventi

Il successo universale ottenuto da Yoshi’s Island ha dato al dinosauro una visibilità incredibile, creando un nuovo standard per l’intero settore videoludico. Purtroppo, negli anni seguenti, questo standard è rimasto irraggiungibile anche per Yoshi stesso.

Il 1996 è l’anno di Nintendo 64, l’anno della rivoluzione 3D. La nuova avventura di Yoshi vuole evidentemente cavalcare l’onda del successo del capitolo per SNES, ma ottiene scarsi risultati. Yoshi’s Story vede la luce nel 1997 e, pur mantenendo l’impostazione di platform a scorrimento laterale, i modelli seguono la moda dell’epoca, abbandonano i toni pastello del precedente episodio e omologandosi alla tecnica della pre-renderizzazione.

Se la direzione artistica riesce comunque a detenere i propri meriti in quanto a cura e originalità, grazie allo stile che mantiene quell’atmosfera vivace e giocosa, l’avventura sfortunatamente manca di longevità e mordente. Chi ha amato il precedente episodio si è detto insoddisfatto sia del livello di sfida proposto sia dal numero di livelli da affrontare nel corso della storia, che risulterebbe essere meno della metà rispetto a Yoshi’s Island.

A Yoshi’s Story dobbiamo il primo doppiaggio in assoluto per il dinosauro, a cura di Kazumi Totaka. Questa importante personalità di casa Nintendo ha composto e diretto il comparto sonoro dei titoli delle serie Yoshi, Animal Crossing, Smash Bros. e molti altri. Presta la voce anche a K.K. Slider, iconico cagnolino musicista che appare in ogni capitolo di Animal Crossing che rappresenta una vera e propria caricatura del compositore.

Dovranno passare molti anni prima che il dinosauro verde torni protagonista di un titolo tutto suo (a eccezione di Super Mario Advance 3), così tra il 1998 e il 2004 appare come personaggio giocabile in titoli come Mario Kart Double Dash, Super Smash Bros. Melee o Mario Golf: Toadstool Tour.

Alla fine del 2004 e all’inizio del 2005, improvvisamente, escono due giochi a lui dedicati. Si tratta di Yoshi’s Universal Gravitation (conosciuto anche come Yoshi Topsy-Turvy) per Game Boy Advance, sviluppato da Artoon, e Yoshi Touch & Go per Nintendo DS. Entrambi stravolgono in modo differente il gameplay a cui il dinosauro ci aveva abituati.

Nel primo caso, la cartuccia di Universal Gravitation è fornita di un sensore di movimento su cui si basa l’intero approccio all’avventura. Infatti, per far procedere Yoshi nel mondo di gioco saremo chiamati a inclinare a destra e a sinistra la nostra console portatile, affinché egli possa muoversi in quella direzione o compiere determinate azioni. Una trovata intelligente che riscuote poco successo nel pubblico, forse perché un così radicale cambiamento nel modo di gestire i movimenti (peraltro non sempre preciso) ha fatto storcere il naso a più di un appassionato.

Il capitolo per Nintendo DS, invece, nasce da una demo creata da Nintendo per esaltare le capacità della beniamina portatile. In seguito al responso positivo, l’azienda di Kyoto ha deciso di farne un vero e proprio gioco destinato alla vendita. Ahimé, la formula resta quella di una raccolta di minigiochi, dove sono i punteggi a dominare la scena al netto di una trama, del tutto assente poiché non è prevista una modalità avventura. Il movimento di Yoshi è automatico: noi siamo tenuti a disegnare con lo stilo il percorso da seguire e a designare i bersagli delle uova. Divertente, ma niente a che vedere con il platform per eccellenza.

L’isola che rende famosi

Il dinosauro sembra non riuscire a tornare ai fasti di un tempo quando Artoon, responsabile dello sperimentale Universal Gravitaition, sviluppa un sequel diretto del capitolo datato 1995.

Nasce così alla fine del 2006 Yoshi’s Island DS, chiamato precedentemente Yoshi’s Island 2 per rendere chiaro fin da subito ai più affezionati cosa avrebbero dovuto aspettarsi. La software house, fatto tesoro dell’accoglienza che ha ricevuto il precedente capitolo per Nintendo DS, decide di abbandonare le meccaniche legate a touch screen e microfono per concentrarsi sul punto forte dell’episodio originale: il gameplay.

L’azione viene così portata su entrambi gli schermi della console con il sistema di comandi classico, espandendo le meccaniche di gioco con un intelligente espediente: nuovi bebè. All’interno di questo capitolo infatti, non sarà solo Baby Mario a cavalcare Yoshi: Baby Dokey Kong, Baby Peach, Baby Wario e lo stesso Baby Bowser, antagonista per antonomasia del dinosauro, si alterneranno nelle varie sezioni.

Il giocatore potrà scegliere, avanzando nell’avventura e sbloccando i vari personaggi, quali far sedere sul dorso del protagonista. In base al pargolo selezionato, Yoshi avrà a disposizione nuovi poteri, dall’alito infuocato del piccolo principe Koopa alle spallate del cucciolo di gorilla. In più, questi potenziamenti esclusivi permettono di sbloccare aree alternative nei medesimi livelli a seconda del bebè. Queste introduzioni giovano al gameplay che, forte delle solide basi su cui si poggia, riesce a sorprendere i veterani e a farli divertire come un tempo.

Per quanto riguarda il comparto artistico, torna il coloratissimo clima pastellato che caratterizza l’Isola degli Yoshi, con diverse migliorie rese possibili dalle più recenti tecnologie. Animazioni più fluide di personaggi ed effetti ambientali rendono quest’avventura ancora più immersiva e piacevole da ammirare: finalmente era emerso un discendente che non temesse il confronto con il capostipite.

Ritorno all’isola… che non c’è

Da quel momento, per anni la serie di Yoshi risulta grande assente nelle produzioni Nintendo. Le console fisse non lo ospitano più dopo il flop di Yoshi’s Story, così sia GameCube che Wii tramontano senza vantare nella propria libreria alcuna avventura del vispo dinosauro.

Il grande ritorno avviene nel 2014 con Yoshi’s New Island, capitolo di Arzest approdato su Nintendo 3DS. Tuttavia, non si può certo parlare di un ritorno in grande stile. La storia si presenta come una sorta di reboot dell’originale, mancando di personalità come buona parte degli aspetti che caratterizzano il gioco.

L’unica meccanica introdotta ex novo è quella delle uova giganti, che risulta poco incisiva e priva di profondità: essa consiste nell’inghiottire nemici di stazza enorme per poi produrre proiettili di eccezionale dimensione utili a distruggere pareti altrimenti impossibili da scalfire. I livelli si susseguono in una piattezza generale, impossibile da esorcizzare anche per lo stile grafico che ricorda un ibrido tra i due Yoshi’s Island e Yoshi’s Story, a causa della fusione tra colori pastello e i modelli 3D inseriti in un mondo bidimensionale. Lo schermo inferiore resta inutilizzato: niente funzionalità tattili o estensione del mondo di gioco; ospita un semplice, e poco ispirato, menù adibito all’elenco dei collezionabili raccolti.

Dopo anni di assenza dalla scena, il verde dinosauro sembra tornare all’ombra di se stesso a causa di uno sviluppo poco curato. Il risultato è un’avventura insipida, priva di stimoli e poco impegnativa, per lo più noiosa agli occhi di un giocatore appassionato: un titolo che non rispecchia assolutamente lo spirito che anima l’Isola degli Yoshi.

Una buona sensazione riguardo al futuro

Fortunatamente tutto è destinato a cambiare, grazie a Etrubonu Ebisu e al suo team. La rivoluzione definitiva del brand Yoshi infatti si chiama Good-Feel, la software house responsabile degli ultimi due capitoli della saga, che ha saputo ritrovare lo spirito dell’Isola senza per forza doverla includere nei titoli delle proprie opere.

Il primo passo è stato fatto nel 2015, con l’uscita di Yoshi’s Wolly World su Wii U. Un universo tutto di lana ha portato una ventata d’aria fresca nella vita del dinosauro, sgargiante come in passato, ma in un modo completamente nuovo. Le uova vengono abbandonate in favore dei gomitoli di lana, ottenibili con il buon vecchio metodo: ingurgitando il malcapitato e lanoso nemico di turno. Questo, tuttavia, non è l’unico modo di accumulare proiettili: gran parte dell’ambientazione, infatti, presenta sezioni con cui interagire e da sfilacciare in favore della nostra causa, rivelando occasionalmente aree segrete e oggetti nascosti.

Il level design è ingegnoso, gli elementi da collezionare numerosi e completare l’avventura al 100% richiede, come un tempo, impegno e dedizione. La noia è un lontano ricordo, poiché questo capitolo diverte ed entusiasma il giocatore, senza scadere in schemi ripetitivi e scontati. Inoltre, è possibile affrontare l’intera avventura insieme a un amico, grazie alla modalità multiplayer perfettamente implementata.

Il riscontro del pubblico è talmente positivo che a distanza di due anni, nel 2017, viene realizzato un porting del gioco per Nintendo 3DS dal titolo Poochy & Yoshi’s Wolly World, arricchito con nuovi livelli e nuove funzioni.

Nel 2019 tocca a Nintendo Switch guadagnarsi il proprio titolo di Yoshi targato Good-Feel. Yoshi’s Crafted World, che abbiamo trattato in modo approfondito all’interno della nostra recensione, conferma il valore della squadra di Ebisu.

La direzione artistica è nuovamente il fiore all’occhiello del gioco, che combina armoniosamente i modelli 3D dei personaggi con l’aspetto fai-da-te del mondo di gioco. Il comparto sonoro non delude, regalandoci allegri fischiettii che ci accompagneranno per tutta la giornata. Il gameplay è estremamente curato, come da tradizione della casa di sviluppo giapponese, e la modalità multiplayer è di nuovo presente in ogni livello.

Concepito come un grande diorama pronto a dispiegarsi davanti ai nostri occhi man mano che procediamo nello scoprire i suoi segreti, Yoshi’s Crafted World è fonte di gioia per occhi e orecchie, così come per il nostro istinto di videogiocatori, sempre alla ricerca di nuove sfide.

Yoshi ne ha passate tante. Nato in ritardo rispetto alle volontà del suo creatore, per i primi anni della sua carriera ha interpretato sempre ruoli di secondo piano, anche in giochi che portavano il suo nome. Poi arriva la fama grazie a Yoshi’s Island, che impone un nuovo standard per un intero genere videoludico che negli anni ’90 vantava una concorrenza spietata. Successivamente gli anni bui, segnati da aspettative deluse e sviluppi poco curati; il diretto seguito del suo grande successo torna a farlo splendere, ma un successivo fallimento lo catapulta nuovamente nell’abisso del fallimento.

Negli ultimi 4 anni ha avuto la grande fortuna di trovare qualcuno che ne carpisse l’essenza originaria, riuscendo a rendergli giustizia senza scendere a compromessi. Speriamo con tutto il cuore che Good-Feel continui il buon lavoro cominciato nel 2015 e confermato un mese fa, con un titolo che rende giustizia al dinosauro verde più famoso al mondo e gli permette di riconoscersi nella star che fu in quel 1995, tanto lontano quanto vicino grazie all’opera di Ebisu e compagni.

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