Redazione
Il Pokédex. Un oggetto utile, quanto bizzarro. Vi siete mai fermati a leggere le descrizioni di qualche Pokémon e notare qualcosa di strano, di inquietante? Per questo speciale di Halloween, ci immergeremo nelle possibili storie che si celano dietro queste descrizioni, di 3 Pokémon in particolare. Quali saranno questi mostriciattoli? Non vi rimane che scoprirlo. Buona lettura.
Mezzaluna scarlatta
Ricordo ancora quel suono, quel boato assordante seguito dal caos. Il sangue, la gente che urlava disperata, corpi mozzati in due, disperazione, il panico. Era una mattina tranquilla in laboratorio, ero arrivato abbastanza presto perché dovevo compilare dei rapporti sul progetto “Mega-Darwin”. Appena entrato, ricordo di aver salutato Lilie e il suo Growlithe alla portineria e tra una cosa e l’altra, abbiamo parlato un po’ di quanto potesse essere rischioso giocare con il DNA dei Pokémon, imitare la natura e simulare il processo dell’evoluzione. Lei la pensava come me. “Il lavoro è lavoro” – mi disse quella mattina – “ma non posso andare contro gli ordini del capo, per quanto possa esser disgustata da questa serie di esperimenti che stiamo conducendo”. Discutemmo a lungo, una decina di minuti che parvero un’infinità, nei quali lei espose la sua opinione sul progetto che stavamo portando avanti. É incredibile pensare a stamattina e realizzare che solo 10 minuti fa, l’ho vista tranciata in due dal soggetto dell’esperimento in fuga. I miei ricordi sono ancora confusi, appena provo a focalizzare qualcosa in più, la testa si fa pesante, il fiato corto, la vista si offusca e tutto diventa nero. Non dovevamo scherzare con il processo dell’evoluzione. Le mie memorie si fermano a quella chiacchierata, per poi riprendere in laboratorio, dove stavamo sottoponendo il soggetto S-746 ad alcune somministrazioni di agenti chimici. Nessuno lí era contento del proprio lavoro, nessuno lí voleva far soffrire i Pokémon. I Magnemite che avevamo in laboratorio soffrivano solamente nel vedere quel povero Pokémon rinchiuso in gabbia, mentre urlava per le terribili sofferenze al quale lo stavamo sottoponendo. Sembrava voler chiederà pietà, voler chiedere scusa in qualche modo, voler cessare questa insensata tortura. Improvvisamente, mentre Lilie stava somministrando un particolare reagente chimico a S-746, la sua capsula di contenimento esplose. Un’enorme fonte di energia entrò in contatto con il soggetto, portandolo a una mutazione fisica e psicologica. La mascella divenne più affilata, il profilo ancor più aerodinamico, ci fu addirittura l’unione delle ali in un’unica e grande mezzaluna color sangue e un’insana voglia di vendetta. Iniziò immediatamente a sfrecciare per il laboratorio, distruggendo qualsiasi cosa si trovasse sul proprio cammino, scappando dall’edificio attraverso un varco sul muro. Accadde tutto così tanto in fretta da non farci rendere conto della gravità della situazione. Avevamo dato vita a una macchina portatrice di morte e distruzione, ma non sapevamo che quella stessa macchina, si sarebbe ritorta proprio contro di noi. Un boato assordante squarció il cielo, l’onda d’urto ruppe tutti i vetri, facendoci intuire che in realtà il soggetto dell’esperimento non era scappato, si stava solo preparando a un attacco finale. S-746, ormai diventato un qualcosa fuori dal nostro controllo, sfrecciò alla velocità del suono contro il nostro edificio e con la sua nuova potenza, tranciò letteralmente in due la costruzione. Le sue ali scarlatte, si dipinsero con il sangue di chi purtroppo si trovava in mezzo. Ci fu un attimo di silenzio, poi il panico generale. C’era chi si lanciava fuori dalla finestra per poter scappare da quel mostro, chi cercava di riassemblare i pezzi sparsi qua e lá dei propri colleghi, chi si rannicchiava in un angolo, con la bava alla bocca per la paura. Avevamo dato vita a una nuova creatura, che di Pokémon non aveva più nulla. Era diventato un mostro assetato di sangue, che non riusciva a distinguere più gli amici dai nemici. É quindi questo il potere della “megaevoluzione”? La maggior parte dei miei colleghi morì nell’incidente, mentre gli altri, assediati dai sensi di colpa per essere sopravvissuti, si tolsero la vita; fui quindi, l’unico sopravvissuto. Non passa giorno che non sogno quella creatura terrificante solcare i cieli e squartare qualsiasi cosa intralci il suo cammino, mentre ancora si beffa di noi, poveri e insignificanti umani. Oggi quell’essere è conosciuto come “MegaSalamence”, mentre per me, sarà sempre la “Mezzaluna Scarlatta” che ha macchiato indelebilmente la mia vita e il mio animo.
Il luogo del “non ritorno”
Sai, girano molte leggende nei villaggi qui ad Alola, ma una delle più affascinanti, è senz’altro quella del “luogo del non ritorno”. Come? Non lo conosci? Beh, è sostanzialmente un posto dove chiunque ci metta piede sparisce, sia esso umano o Pokémon. Non si riesce a capire come tutto questo sia possibile, perché non si ritrovano vestiti, impronte, tracce di ogni genere, niente di niente. Nessuno sa esattamente dove si trovi questo posto, anche le descrizioni sono molto vaghe in merito: C’è chi parla di una grotta, chi di un laghetto e chi di una spiaggia; questi ultimi aggiungono che la sparizione delle persone, sia imputabile allo spirito che vi riposa lì. Si narra che tempo fa, un naufrago giunto dal mare, morì per la disidratazione e per la stanchezza che il nuotare fino a riva gli aveva procurato. A causa del suo così forte attaccamento alla vita però, la sua anima non riuscì a staccarsi dal corpo e ascendere in cielo, ma rimase nel terreno, radicandosi in cerca di qualcosa o qualcuno da poter possedere. Ovviamente queste sono tutte leggende, non c’è niente di cui preoccuparsi! Figuriamoci se possono davvero esistere anime di naufraghi che infestano spiagge! Come? Ti stai domandando cosa c’entra l’anima di questo pover’uomo con la sparizione della persone? Bene, devi sapere che quella spiaggia, un tempo popolatissima, era frequentata da un bambino molto vivace e curioso, che amava costruire castelli di sabbia. Un giorno questo bambino lasciò distrattamente la paletta con la quale giocava, conficcata in un un cumulo di sabbia. Era una piccola paletta, della misure del giovane, con un manico rosso fiammante, distinguibile perfettamente in mezzo ai colori ben più aurei della sabbia. Il suo colore, arrivò addirittura ad attirare l’attenzione dell’anima, che vedendo finalmente qualcosa di solido e stabile, decise di impossessarsene. Accortosi di aver dimenticato la paletta, il bambino tornò dal cumulo di sabbia, ora tutt’altro che innocuo, strappò violentemente la paletta e fece per andarsene, quando tutto a un tratto, il cumulo di sabbia, che fino a pochi istanti fa era inanimato, iniziò ad avere delle espressioni di profondo terrore. Con la sua nuova bocca, il cumulo di sabbia morse il bambino, prendendone quindi il controllo, poi si fece dare la forma di un castello di sabbia e infine, succhiò via la sua energia vitale, prosciugandolo completamente. Del povero bambino, non era rimasto altro che un inquietante spaventapasseri fatto di pelle e ossa. Stava iniziando a imbrunire e i genitori del bambino iniziavano a essere preoccupati. Iniziarono quindi a cercarlo in lungo e largo, chiamandolo a gran voce, facendosi sentire dal castello di sabbia. Il corpo del giovane giaceva ancora a terra senza una goccia di sangue e per evitare di essere scoperto, l’anima contenuta nel castello di sabbia, decise di seppellire tutto sotto di sé. Compresse le ossa fino a triturarle, poi ci si mise sopra per nascondere il tutto. Ovviamente nessuno seppe più nulla del bambino. Ancora oggi, i genitori, sperano di poterlo ritrovare da qualche parte, sperano di poterlo riabbracciare sano e salvo, ma non sanno l’amara verità: Il loro unico figlio era stato ucciso da un innocentissimo mucchietto di sabbia. Paura eh? Secondo questi racconti, il bambino fu solo la prima vittima di una serie di sparizioni misteriose, così tante da generare il mito del “luogo del non ritorno”, ma sinceramente non riesco a crederci, troppo surreale. Oh ma dove siano finiti? A furia di parlare ci siamo sicuramente persi, per di più questi percorsi sono tutti così uguali! Siamo finiti in una grande distesa di sabbia bianca, non sembra esserci vita, nemmeno un cespuglietto o qualche Pokémon tipico di queste zone, nemmeno in acqua sembra esserci vita. Guarda laggiù, vedo qualcosa scintillare! É una paletta rossa, piantata sulla punta di un castello di sabbia… sento il bisogno irrefrenabile di andare in quella direzione.
Vite precedenti
Buio, un buio impenetrabile e oscuro, che non lasciava intravedere niente. Questo visualizzava quando provava a ricordare chi era, cosa faceva, qual era la sua vita di un tempo. Capitava molto spesso durante il giorno, e nello specifico quando i suoi occhi cadevano sulla maschera che portava sempre con sé: Quel cimelio, che teneva stretto alla vita, aveva qualcosa di speciale, di irrecuperabile che lo faceva piangere ogni volta. Capitava spesso che avesse delle visioni, dei flashback di qualche vita passata che sentiva non appartenergli più, ma che in qualche modo gli era legata a doppio filo. Qualche volta riusciva a vedere qualcosa, aveva la sensazione di aver messo insieme i pezzi di un puzzle altrimenti impossibile da risolvere. Alcune volte riaffioravano alla mente ricordi esterni ai suoi, di un ragazzo che giocava sulla riva del fiume con il suo Meowth, godendosi la tranquillità di un raggiante giorno di agosto. Era spensierato, aveva la tipica espressione di chi non ha ancora nessuna responsabilità nella vita perché bambino, sfruttava le sue giornate al massimo. Altre volte poteva rivivere i pomeriggi dello stesso ragazzo passati con la madre, mentre dal bordo di un edificio, osservavano le gigantesche piramidi, mentre uno stormo di Mandibuzz divorava la carcassa dilaniata di un Pokémon lì vicino. E ogni volta, terminata la visione, finiva inconsapevolmente a guardare la maschera, a osservarla, a perdersi nelle sue forme indefinite e imprecise. Sommariamente, quelle forme così abbozzate sembravano ricordargli qualcosa di familiare e proprio per questo, lo portavano spesso in lacrime. Si era ritrovato con quell’oggetto dal giorno del suo risveglio, senza sapere cosa fosse successo e quanto tempo fosse passato, da solo, spaventato e confuso. Con il tempo, quella maschera era diventata una casa, un rifugio, una salvezza, ma anche un collegamento a un passato che non riusciva a ricordare, ma che ogni tanto poteva vedere nella sua mente, come trailer di film. Voleva sapere di più, voleva poter ricordare di più. Sapeva, dentro di lui, che avrebbe trovato così, una soluzione al suo malessere. Puntualmente però, dopo aver visualizzato qualcosina, tornava l’oblio più scuro e buio che mai. Non c’è niente di peggio che avere la sensazione, la certezza di dover ricordare qualcosa di importante, ma essere impossibilitati nel farlo. Quel senso di impotenza impossibile da valicare e da superare, attanagliava il suo cuore e lo stritolava nella morsa della disperazione. Giorno dopo giorno, altre “visioni” si accumulavano alle precedenti e in tutte, capeggiava il ragazzino spensierato in compagnia del suo fedele Meowth. Ogni qualvolta che aveva questi flashback però, diventavano sempre più macabri e oscuri. Nell’ultimo che riuscì a vedere, i due si addentravano all’interno di una piramide. Riusciva quasi a immedesimarsi nel giovane, sentiva il peso sul petto provocato dal caldo umido, il respiro sempre più affannato, l’ansia crescente del doversi avventurare nel buio con solo una flebile torcia in mano. Ogni tanto, a lato del percorso, si potevano distinguere i cadeveri di qualche sventurato ladro, morto a causa della trappole messa a protezione della tomba stessa. Vedere quei corpi in decomposizione, pieni di vermi e ammuffiti, fece quasi vomitare il giovane, che imperterrito continuò la sua traversata. Un bagliore alla fine del corridoio, attirò la sua attenzione e quella del Pokémon Graffimiao. Sembrava un oggetto prezioso, un qualcosa di molto importante, a giudicare dalla stazza e dalla luce che emanava. I due camminarono con il cuore in gola per tutto il corridoio, unica certezza la sempre più debole luce della torcia. Risalirono all’oggetto che aveva emesso quel bagliore e rimasero di sasso: davanti si trovarono il sarcofago di un vero faraone, totalmente rivestito d’oro. Un ghigno inquietante e raccapricciante era impresso sul davanti della bara e sopra la testa era posizionata una strana maschera abbozzata, che ricordava vagamente il volto di un umano. Il ragazzino, eccitato ma anche impaurito, si voltò verso il suo fedele compagno, ma non riuscì più a trovarlo. Era letteralmente scomparso, non sapeva minimamente dove fosse. Provò a chiamarlo, senza ottenere risposta. Provo a cercare ovunque, fino a quando, per sbaglio, non toccò il sarcofago. Mani lunghe, nere e incorporee lo afferrarono per la caviglia, la pesante bara si aprì e fu trascinato dentro. Buio totale, paura, senso di impotenza furono i sentimenti che rimasero a lungo nella sua memoria, una volta finito il flashback. Non capiva nulla di quello che era appena successo, era soltanto confuso e spaventato. Riguardò quella maschera, così simile a quella che aveva visto nella visione e le domande partirono nella sua mente. Una, due, tre lacrime iniziarono a solcare il suo viso, mentre i suoi pensieri si riempivano di domande e dubbi.
Yamask, tutto bene? Era il suo allenatore che parlava ora. Non poteva non provare anche lui un senso di tristezza infinita quando lo vedeva piangere senza un perché, più volte al giorno, tutti i giorni. Purtroppo questa è la natura stessa degli Yamask, umani prima che Pokémon, intrappolati in una vita che non é più la loro, senza sapere il perché.
Se cercate un’altra storia, non perdetevi il racconto “La memoria dei corpi”, scritto dal nostro redattore Gianluca Rinaldi e interpretato da Giangi sul canale Instagram di Pokémon Millennium:
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