Il 27 gennaio 2021 Pokémon Millennium ha avuto il piacere di partecipare, insieme ad altre community e testate del settore videoludico, a un evento esclusivo organizzato da Nintendo Italia e IIDEA: l’X Indie Developers. Una “one-woman studio” tutta italiana in cui abbiamo parlato di videogiochi, Nintendo Switch e delle sfide quotidiane che riserva questo settore verso tutte le donne che ne fanno parte. Sedute al “tavolo” con noi infatti, erano presenti quattro rappresentanti dell’eccellenza delle quote rosa del settore indie nostrano, che hanno fatto della loro passione per i videogiochi il loro lavoro.
Prima di addentrarci nei dettagli della discussione, vorremmo presentare a chi non lo conoscesse l’ente organizzatore dell’evento, insieme a Nintendo Italia, che ci ha gentilmente invitato a partecipare. IIDEA (Italian Interactive Digital Entertainment Association) è l’Associazione di categoria dell’industria dei videogiochi in Italia, che ha l’obiettivo di dare voce e creare coesione su alcuni temi comuni, a tutte le attività che operano in questo settore nel nostro Paese.
Grazie a questo evento privato condotto da una solare Fabrizia Malgieri, giornalista e appassionata di videogiochi, abbiamo avuto la possibilità di conoscere persone che hanno apportato un grande contributo allo sviluppo dei videogiochi indipendenti in Italia. Calpestando pregiudizi e critiche di un ambiente patriarcale, hanno fatto carriera raggiungendo alti livelli e grandi riconoscimenti.
Una tavola rotonda al femminile
All’X Indie Developers abbiamo incontrato quattro donne di quattro aziende indipendenti famose in tutto il Bel Paese, che in modi differenti hanno saputo far parlare di sé, proiettando i loro progetti nel firmamento dei giochi indipendenti italici.
La prima protagonista è Violetta Leoni, Executive Producer di One-O-One Games, la sezione dedicata ai videogiochi di Centounopercento-101% e Reddoll. L’azienda concentra principalmente le sue forze sulla produzione di videogiochi innovativi per PC, console e mobile, ma anche in realtà virtuale. I videogiochi prodotti dalla One-O-One Games di cui ci ha parlato sono stati Ping Pong Arcade, Fury Road Survivor e The Suicide of Rachel Foster, anticipandoci che gli ultimi due potrebbero arrivare nel corso del 2021 anche su Nintendo Switch.
Successivamente abbiamo conosciuto Alessandra Tomasina, Marketing Manager di Digital Tales, un’azienda che fa dell’educazione e dell’apprendimento attraverso videogiochi e strumenti interattivi, il suo marchio di fabbrica. Grazie a dei fondi europei ricevuti grazie al bando Create Europe Media, Digital Tales è riuscita a realizzare quel piccolo capolavoro che è Bookbound Brigate. Un videogioco pensato e creato per l’ibrida di Nintendo, che si sente Metroidvania, ma è anche un puzzle game, con dinamiche strategiche dal gameplay inedito.
La terza personalità è stata Domiziana Suprani, Producer presso la Studio Evil, nota azienda di videogiochi indipendenti italiana. Una grande appassionata dei titoli Nintendo, che mai si sarebbe immaginata di pubblicare un videogioco proprio su Switch. Avrete già sentito parlare di Super Cane Magic Zero, il gioco sviluppato da Studio Evil in collaborazione con il fumettista Sio. Il titolo non ha bisogno di presentazioni data la sua grande risonanza mediatica, ma per chi volesse approfondire abbiamo avuto già modo di sviscerare il gioco e d’intervistare gli sviluppatori.
L’ultima, ma non per importanza, è stata Fortuna Imperatore, aka Axel Fox, una sviluppatrice indipendente dalla storia incredibile. Dopo essersi laureata in psicologia con tanto di specialistica, decide di approfondire la sua passione per i videogiochi da autodidatta, studiando le basi del game design e della programmazione. Grazie a una raccolta fondi su Kickstarter riesce a raccogliere oltre 15.000€ per la realizzazione del suo primo gioco, Freud’s Bones. Un gioco psicologico in cui vestiremo i panni del padre della psicoanalisi e dovremo aiutare i nostri pazienti a non impazzire.
Videogiocare è per tutti
Dopo le presentazioni e i racconti sulla nascita dei loro videogiochi di punta, l’attenzione si sposta su un argomento inevitabile quanto importante da trattare: le discriminazioni di genere nei confronti delle videogiocatrici. Secondo i dati raccolti dalla stessa IIDEA, il 47% dei videogiocatori italiani sono donne, e questo non perché sia diventata una moda, ma è sempre stato così, erano semplicemente costrette a nascondersi.
Come fa notare Violetta Leoni, la maggior parte delle ragazze, soprattutto a cavallo tra gli anni ’90 e primi anni 2000, si vergognavano di affermare il loro interesse per i videogiochi, celandosi dietro a nickname maschili o addirittura giocando di nascosto. Un atteggiamento che ha favorito lo sviluppo di una comunità di videogiocatori che spesso non è in grado di immaginare il gaming come “una cosa da donne”. Un preconcetto arcaico e legato a un costrutto maschilista sotto molti punti di vista.
Nel 2021 le donne non devono vergognarsi di essere delle videogiocatrici, anzi devono affermarlo a testa alta, poiché solo vivendo con normalità un qualcosa che di per sé non ha nulla di sbagliato, lo si potrà rendere sempre di più socialmente accettato. L’ambiente videoludico ha provato a cavalcare quest’onda negli anni, spingendo in modo pesante sull’acceleratore. La donna non è più vista come la principessa da salvare, ma è protagonista, forte e indipendente, capace di farsi giustizia da sola e pienamente conscia delle sue potenzialità.
Un esempio più volte ripreso nel corso dell’X Indie Developers è stato quello di Ellie, co-protagonista di The Last of Us 2. Ultima figura femminile di spicco in ordine cronologico nel panorama videoludico, estremamente differente da una delle prime icone femminili delle console, ovvero Lara Croft. La protagonista di Tomb Rider è stata vissuta come provocante e letale, specchio di uno sviluppo prettamente maschile.
Spesso però l’inclusività di genere non deve derivare dai giochi sé. Sono le community tossiche e la mentalità presente nel nostro Paese a essere un problema. Prima ancora degli inutili preconcetti sul binomio donna-videogioco, ci sono da combattere i pregiudizi verso i giochi stessi. Affermare orgogliosamente di lavorare nel settore videoludico può causare in chi ci sta ascoltando gesti di stizza e derisione. Un’atteggiamento figlio dell’ignoranza, stereotipando un mercato che nel resto del mondo sta fruttando enormi capitali. Serve un cambiamento per tutto il settore dei videogiochi, e questo cambiamento deve partire da noi videogiocatori.
Come si può arginare questa emorragia sociale che causa cattiveria ingiustificata nei confronti di questa categoria? La risposta a questa domanda è davvero complessa, ma dal dibattito è emerso che avvicinare le nuove generazioni fin dalle scuole elementari ai concetti basilari della programmazione informatica, aiuterebbe a normalizzare l’immagine che si ha di uno sviluppatore, indistintamente dal sesso.
Una rivoluzione chiamata Nintendo Switch
Altro tema caldo della discussione all’X Indie Developers è stata ovviamente Nintendo Switch. La console ibrida è stata grande protagonista dell’ultimo anno, affermando la sua posizione nel mercato. Una console che ha fornito terreno fertile per tutti gli sviluppatori indipendenti, aprendo nuovi orizzonti e possibilità.
La console di Nintendo è stata una grande innovazione nel panorama videoludico, assottigliando quella distanza che c’era tra console fissa e portatile. Una rivoluzione che non è stata percepita soltanto da noi usufruitori, ma anche da chi è addetto ai lavori. Alla nostra domanda sul quanto il “fattore Switch” abbia influito sulle loro decisioni lavorative o sul loro modo di lavorare, le quattro sviluppatrici hanno quasi accennato un sorriso. Una domanda che meriterebbe una risposta davvero lunghissima e contorta, ma anche condensata non lascia spazio a dubbi: Nintendo Switch è stata una rivoluzione per gli sviluppatori indie.
La cosa che ha reso palese per me che Nintendo Switch potesse essere l’opzione giusta per i titoli che abbiamo valutato, è che si presta bene per chi vuole giocare da solo, e allo stesso tempo come console da multiplayer con amici.
[…] Sicuramente Nintendo Switch ha impattato tantissimo sul nostro lavoro.
Domiziana Suprani, Producer per Studio Evil
Quando la lampadina dell’idea si accende e il cervello inizia a fantasticare sul prossimo videogioco da produrre, una considerazione è doverosa: dove pubblicarlo? La scelta tra una delle console, PC o mobile è una delle fasi più complesse del processo produttivo e creativo. Per quanto ora esistano Engine capaci di garantire un porting tra un dispositivo e l’altro senza enormi complicazioni, sono comunque azioni che richiedono tempo e denaro.
Per uno sviluppatore indie, Nintendo Switch fornisce il perfetto bilanciamento tra tante modalità di gioco, abbracciando un bacino di utenza che va dal professionista, al bambino, passando per le famiglie. Il mondo indie difficilmente ha prodotto videogiochi valutati come doppia A, che attirerebbero l’attenzioni di molti sull’azienda. Questo accade per svariati motivi che vanno dai soldi, alle tecnologie, al numero di personale, che in una piccola attività spesso è esiguo. L’ibrida giapponese in questo senso, con la sua possibilità di giocare ovunque e con chiunque, ha permesso agli sviluppatori indipendenti di accaparrarsi un’utenza in continua crescita, fornendo una piattaforma unica a scapito degli smartphone, che sono centinaia e ognuno con con le proprie pretese.
Fino a qualche anno fa, i giochi indipendenti erano per gli appassionati del genere e per i giocatori da PC. Negli ultimi anni questo mercato ha subito una forte crescita a livello internazionale e sta sfruttando la luce dei riflettori che ha puntati su di sé. In Italia c’è ancora molta strada da fare a livello di mentalità, sussistenza alle aziende e gap tecnologico per far si che questo settore possa fiorire.
Non cavalcare quest’onda sarebbe uno spreco, quindi siate videogiocatrici e videogiocatori fieri, trasformate la passione in un lavoro e coltivate l’arte, qualunque essa sia. L’insegnamento che l’X Indie Developers ci ha lasciato ci spinge ad avviare insieme a voi un cambiamento che permetta di non vergognarsi di amare quella cosa incompresa chiamata “videogioco”.
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