Quante avventure incredibili abbiamo vissuto nel fantastico mondo ideato da Satoshi Tajiri? Personalmente, spesso mi capita di ripensare con nostalgia a quella goccia di rugiada sul logo di Game Freak e alla concitante introduzione di Pokémon Rubino, giocato su un ormai vecchio (ma ancora funzionante!) Game Boy Advance SP. I momenti di scoperta, di sfida, di stupore e il legame con le prime creature catturate e allenate sono i ricordi che ci legano a questa serie di videogiochi. Ancora oggi, questo fantastico mondo riesce a regalare le medesime sensazioni, sia ai nuovi Allenatori sia ai veterani. Che vi siate avvicinati alla serie con la prima o l’ultima generazione non importa, perché il batticuore nell’intraprendere un viaggio in compagnia dei propri Pokémon è prova di un’emozione unica e genuina!
Cosa succede dietro le quinte di Game Freak? Quali sono i processi creativi che portano a scegliere un design piuttosto che un altro? Quanto contenuto è stato tagliato dai videogiochi? Queste (e molte altre) sono domande che i fan si pongono. Noi di Pokémon Millennium vogliamo provare a rispondere, facendoci aiutare da interviste esclusive e materiale inedito.
Bentornati nella nostra rubrica, Tempovia – Viaggio nel mondo dei videogiochi Pokémon. Proprio come Celebi che attraversa il tempo, noi vi porteremo in un viaggio alla scoperta della storia e del mondo dei videogiochi Pokémon.
Nel primo numero della rubrica, vi abbiamo condotto direttamente negli uffici di Game Freak, svelando alcuni importanti retroscena sulla casa di sviluppo. Attraverso le parole di Junichi Masuda, abbiamo discusso della storia dell’azienda e del suo modus operandi, che la spinge a sperimentare nell’industria videoludica mediante il sistema del Gear Project.
In questo nuovo articolo, daremo voce direttamente a Satoshi Tajiri, analizzando e commentando alcune pagine del suo libro, New Game Design, pubblicato pochi mesi prima del rilascio di Pokémon Rosso e Verde in Giappone. Siete pronti a scoprire i contenuti riguardanti i nostri mostriciattoli preferiti? Seguiteci, Tempovia continua!
NOTA: come fonte principale è stata utilizzata la traduzione delle pagine del libro pubblicata da Dr. Lava (che potete leggere consultando questa pagina), resa possibile grazie al contributo di Evie e Jacob Newcomb.
New Game Design, il libro di Satoshi Tajiri
Nei mesi che precedettero il rilascio giapponese di Pokémon Rosso e Verde, Satoshi Tajiri scrisse un libro intitolato New Game Design, un volume in cui l’autore volle condividere il suo pensiero sull’industria videoludica, passando in rassegna i titoli del momento, tra i quali figuravano anche i celebri Super Mario Bros. e The Legend of Zelda. Era il mese di dicembre 1995 e i primi titoli Pokémon sarebbero usciti nel febbraio successivo.
Che a Tajiri piacesse condividere le proprie idee e conoscenze in campo videoludico non è di certo una cosa nuova, d’altronde la storia della stessa Game Freak parte da una rivista autoprodotta nata con quell’intento. Tuttavia, riteniamo che la pubblicazione di New Game Design avesse un secondo scopo, ovvero tentare di rimpinguare i fondi per portare a compimento i lavori sullo sviluppo dei giochi Pokémon.
Riprendendo un discorso aperto nel precedente capitolo di Tempovia, vi ricordiamo che Game Freak visse una forte crisi quando i tre programmatori decisero di dimettersi, un momento particolarmente delicato per la casa di sviluppo, narrato da Tajiri stesso in un manga autobiografico del 2018.
Nello stesso capitolo del manga, Tajiri racconta dei problemi finanziari che travolsero l’azienda e che lo spinsero ad aprire un settore editoriale, indipendente dallo sviluppo dei videogiochi ma da affiancare a esso, con lo scopo di raccogliere ulteriori fondi. I ricavi ottenuti dalla pubblicazione di guide strategiche e libri di settore, uniti a quelli dei videogiochi sviluppati in parallelo, crearono una base economica piuttosto solida che permise di continuare i lavori del “progetto Pokémon”.
Tra le tavole del capitolo in questione, Satoshi Tajiri ha mostrato alcuni dei lavori videoludici dell’epoca, come Pulseman, Yoshi e Jerry Boy. Accanto ai giochi targati Game Freak, compaiono alcuni volumi pubblicati in quel periodo, tra i quali spicca in primo piano la copertina di New Game Design.
New Game Design è stato pubblicato nel dicembre del 1995, esclusivamente in Giappone, dove sono state vendute solo 15.000 copie. Il libro, oltre ai già citati Super Mario Bros. e The Legend of Zelda, include delle sezioni tecniche sui lavori di casa Game Freak (Mendel Palace, Yoshi, Mario & Wario, Nontan to Issho: KuruKuru Puzzle, Jerry Boy, Pulseman) e quattro pagine dedicate a Pokémon.
A differenza degli altri titoli menzionati, Pokémon è l’unico a essere presente nel libro prima della sua uscita, anticipando alcuni sprite di gioco proprio nella copertina del volume. Lo scopo di queste pagine è di illustrare ai lettori e ai giocatori (dell’epoca) un prodotto del tutto nuovo. Prima di procedere oltre, teniamo a precisare che non è un caso il riferimento al singolare, utilizzato finora, per i primi giochi Pokémon, nonostante la diversificazione tra due versioni, ma tra poco sarà più chiaro il motivo
Compreso il contesto generale in cui si inserisce la stesura di New Game Design, proseguiamo in questa seconda tappa di Tempovia – Viaggio nel mondo dei videogiochi Pokémon, andando a scandagliare i contenuti delle quattro pagine a tema Pokémon, sicuramente ricche di spunti di riflessione sul principio di questa amatissima serie.
I Pokémon stanno per arrivare!
La sezione dedicata a Pokémon ha inizio a pagina 153 del libro, dove Satoshi Tajiri illustra a grandi linee il gameplay del titolo e alcune funzioni, come la comunicazione mediante il Cavo Game Link, invitando i suoi lettori del 1995 a provare il gioco, che era prossimo all’uscita. Citando direttamente la fonte, che ricordiamo essere stata resa disponibile da Dr. Lava, nel paragrafo si può leggere quanto segue:
“Il giocatore alleva e addestra mostriciattoli per diventare un Allenatore Pokémon e viaggia in varie città per far combattere i propri Pokémon con Allenatori e Campioni. Con il Cavo Game Link, è possibile combattere con altre persone e scambiare i Pokémon catturati. Oltre a far avanzare la trama, un altro obiettivo del gioco è catturare ogni Pokémon per completare il Pokédex“.
Satoshi Tajiri (1995). New Game Design, p.153. Tokyo: Enix Corporation.
Permetteteci una piccola digressione nostalgica. Leggere e riportarvi questa breve presentazione dei giochi Pokémon suscita qualche ingenua emozione, visto poi ciò che è derivato dai primi titoli della serie: si è passati da piccole città tra le quali viaggiare a mondi aperti, scoprendo ben nove regioni del mondo Pokémon; il Pokédex, negli anni, ha aggiunto sempre più pagine e classificazioni, raggiungendo le oltre mille creature, dai più piccoli e simpatici mostriciattoli a creature divine e leggendarie, passando per le loro versioni paradossali introdotte in Pokémon Scarlatto e Violetto. Da sottolineare anche l’evoluzione del collegamento via cavo, una funzione approfondita e sperimentata in diverse versioni, trasformata oggi in una comunicazione veloce e immediata che consente a giocatori e Allenatori di tutto il mondo di condividere le proprie avventure nell’universo Pokémon.
Dalla citazione riportata, è evidente che il contenuto in sé della pagina 153 di New Game Design non mostri informazioni particolarmente degne di nota riguardo al gioco Pokémon. Tuttavia, di tutt’altra importanza sono le immagini che accompagnano il testo di Tajiri, in particolare quella riguardante la schermata del titolo di gioco (a destra nella figura sottostante).
La schermata del gioco in questione, infatti, risulta essere differente da quella finale inserita nei titoli Pokémon Rosso e Verde. Procediamo con ordine ed effettuiamo insieme questo confronto. In primis, come potete vedere voi stessi nella comparazione in basso, nell’immagine di pagina 153 (al centro) manca la menzione alla versione di gioco (“Red Version” o “Green Version”), il che significa che lo screen utilizzato nella pubblicazione di New Game Design proviene da una struttura di gioco che non prevedeva ancora la divisione in due versioni. La distinzione, infatti, è avvenuta solo successivamente, su consiglio di Shigeru Miyamoto, il quale propose i due colori (rosso e verde) per richiamare la popolarità di Mario e Luigi, personaggi di punta dei titoli Nintendo.
Soffermiamoci ora sui personaggi presenti nella schermata del titolo, ovvero Rosso e Nidorino (a sinistra nell’immagine in basso). Confrontando la grafica con quella definitiva (a destra), possiamo notare che Rosso ha una giacca di diverso colore e il suo braccio sinistro è leggermente sollevato, con la rispettiva mano che accarezza il Pokémon. Riguardo a Nidorino, per la creatura è stato utilizzato uno sprite diverso da quello finale, dal quale differisce per dimensioni e colorazione delle ombre.
È da segnalare, inoltre, la totale assenza di Nidorino dalla grafica definitiva, tant’è che i due personaggi a sinistra sono compresi in un unico sprite, mentre quelli a destra (i definitivi, appunto) sono separati, permettendo al Pokémon di scorrere in grafica in maniera indipendente dall’Allenatore.
Infine, diversi risultano anche i bordi che circondano l’Allenatore e il suo Pokémon: nella schermata riportata nel libro di Satoshi Tajiri (a sinistra), sono presenti dei bordi per il Super Game Boy che si configurano come una cornice molto dettagliata; invece, nei giochi ufficiali (a destra), i bordi risultano meno disordinati, più minuti nei dettagli e con grafiche semplici che attorniano le piccole schede che descrivono i Pokémon.
Game Boy e connettività
Dopo questa breve analisi del testo e di alcuni elementi grafici dei primi giochi Pokémon, siamo pronti a voltare pagina e a entrare nel vivo di questo piccolo capitolo del libro di Tajiri.
Nell’articolato e astruso sistema dell’industria videoludica, quando una casa di sviluppo decide su quale console lavorare, ci sono diversi fattori che concorrono nella scelta, come per esempio il target dei videogiocatori di riferimento, i costi di sviluppo, le politiche dell’azienda produttrice, oltre che gli eventuali contratti e accordi di esclusività. Naturalmente, fondamentali e centrali sono le capacità tecniche della console e le funzioni (anche accessorie) che la macchina riesce a offrire.
A partire dal 1989 (che nel precedente numero della rubrica abbiamo segnato come data di nascita di Game Freak come software house), anche l’azienda di Tajiri ha dovuto fare i conti con tali decisioni: ricordiamo, infatti, che già nel 1990 Satoshi Tajiri decise di presentare a Nintendo il “progetto Pokémon”, che in quel momento era ancora un’idea primordiale che portava il nome di Capsule Monsters.
Per chi si fosse perso il primo articolo di Tempovia – Viaggio nel mondo dei videogiochi Pokémon, sappiate che Game Freak non si è sempre limitata a sviluppare giochi per le piattaforme Nintendo, ma sin dal suo inizio ha cercato di spaziare tra diverse aziende, tra le quali annoveriamo Sega, Sony e Microsoft.
Prima del lancio di Pokémon Rosso e Verde in Giappone, Game Freak aveva alle spalle già diversi lavori, rilasciati su console di aziende diverse. Avrebbero avuto, quindi, diverse possibilità di rilascio per Pokémon, ma la scelta è ricaduta su Nintendo per precise ragioni di natura sia tecnica sia creativa, come raccontato da Tajiri proprio a pagina 154 di New Game Design.
Come è stato possibile far convergere le idee dei creativi e la scelta dell’hardware su cui sviluppare i giochi? Nel corso degli anni, l’autore ha più volte condiviso le ispirazioni dietro l’idea del mondo di gioco dei Pokémon. Tra i diversi spunti per molti elementi, divenuti poi i cardini della serie, nel suo libro Tajiri confessa che ci siano i kaijū, mostri tipici del genere fantascientifico giapponese, e le carte Menko, tradizionali carte da gioco giapponesi in voga tra bambini e collezionisti. Secondo Tajiri, i Pokémon non sarebbero altro che delle versioni di kaijū, da collezionare e scambiare come carte Menko, sottoforma di videogioco.
L’unica console adatta a ospitare questo tipo di gioco era proprio il Game Boy di Nintendo che, grazie all’accessorio del Cavo Game Link, ha permesso di conciliare sia l’aspetto videoludico in sé sia quello collezionistico. La scelta dell’utilizzo del cavo come sistema di collegamento, preferito alle tecnologie a infrarossi già prodotte da Apple e Zaurus, è stata condizionata da un terzo spunto di ispirazione, forse il più famoso: la passione adolescenziale di Tajiri per il collezionismo degli insetti. In particolare, il sistema di scambio, pensato come movimento dei Pokémon da un Game Boy a un altro, sembra che sia nato immaginando un insetto sul Cavo Game Link tra due console.
“Quando abbiamo iniziato il progetto Pokemon, le caratteristiche della console per la quale avremmo scelto di sviluppare erano molto importanti. Dopo alcune considerazioni, ci siamo resi conto che Game Boy era l’unica console che offriva funzionalità di connettività. Dispositivi come Zaurus e Mac hanno sensori infrarossi sul retro chiamati porte IR che puoi utilizzare per scambiare dati, ma le creature viventi conosciute come Pokemon si spostano da un Game Boy all’altro Game Boy di un’altra persona, e quel concetto di gioco senza precedenti è molto attraente“.
Satoshi Tajiri (1995). New Game Design, p.154. Tokyo: Enix Corporation.
“Quando sei nei guai, apri il Pokédex!”
Nella pagina seguente di New Game Design (la numero 155), veniamo a conoscenza di qualche informazione anche sull’idea alla base del Pokédex, funzione inserita, stando a quanto scritto da Tajiri, a metà dei lavori di sviluppo dei primi giochi Pokémon.
Seppur certi che voi siate Allenatori esperti e ben preparati, è bene ricordare cos’è un Pokédex e com’è strutturato, tenendo presente che il dispositivo cambia a seconda del media di riferimento del franchise (basti pensare alle divergenze tra il Pokédex della serie animata e quello dei videogiochi).
Il Pokédex costituisce un’enciclopedia completa, capace di fornire agli Allenatori tutte le informazioni essenziali sulle diverse specie di Pokémon, registrate e catalogate nel database. Generalmente, il Pokédex presenta una struttura in schede, nelle quali sono inseriti i dettagli della creatura che si sta analizzando: una breve descrizione, informazioni sull’habitat, dati anatomici (altezza, peso e, fino a Pokémon X e Y, l’impronta), la comparazione con eventuali forme alternative e il verso.
Rispolverate le nozioni di base sul Pokédex, procediamo nel vedere quali sono le ispirazioni dietro questo dispositivo, concepito inizialmente come un “bonus” (citando Tajiri), ma poi divenuto una delle icone dell’intero brand. Satoshi Tajiri confida ai suoi lettori che il Pokédex è nato come equivalente di una combinazione tra un album delle carte da gioco di Kamen Rider e un Ultra Kaijū Notebook.
Kamen Rider è una serie televisiva giapponese creata da Shōtarō Ishinomori e trasmessa in Giappone dal 1971 al 1973 (con novantotto episodi in totale). Diventando una serie di enorme successo, Kamen Rider si è trasformato in un vero e proprio franchise, del quale sono stati messi in vendita diversi articoli, tra cui le carte collezionabili possedute da Tajiri all’età di sei anni. Le carte, come attualmente succede con quelle di Pokémon (a tal proposito, l’invito è di seguire anche la nostra rubrica dedicata “Il mondo delle carte Pokémon”), venivano utilizzate non solo per giocare, ma erano dei veri e propri pezzi da collezione da conservare in raccoglitori e album.
Piccola curiosità: uno degli ultimi mostriciattoli introdotti con la nona generazione, Lokix (Pokémon Cavalletta), sembra essere basato sui supereroi della serie Kamen Rider, le cui divise presentano elementi tipici degli insetti, in particolare delle cavallette.
Poco sopra, abbiamo accennato ai kaijū, creature mostruose dell’immaginario fantascientifico giapponese, a cui Satoshi Tajiri sembrerebbe essersi ispirato per la creazione dei Pokémon. In particolare, è stato il film Ultraman a generare il concetto di “mostri chiusi nelle capsule”, evoluto successivamente in Pokémon e Poké Ball: nella pellicola del 1960, il protagonista si avvale di alcune creature chiuse in delle capsule per combattere i temibili kaijū. Vi ricorda qualcosa?
Dagli sprite e dai bozzetti di Capsule Monsters, è evidente l’ispirazione dettata dal fantastico scenario dei kaijū che, ancora oggi, influenza il processo creativo di alcuni Pokémon. Rhydon, Nidoking, Tyranitar e Volcarona sono solo alcuni nomi che vi citiamo come esempi.
L’Ultra Kaijū Notebook che Satoshi Tajiri possedeva da bambino era una sorta di compendio, con immagini e dati di tutti i kaijū comparsi nelle serie televisive e nei film dell’epoca, come Godzilla e Mothra. Il libro era accompagnato da un flexi-disc (un supporto in vinile) su cui erano registrati i versi dei mostri.
Tirando le somme, risulta quindi sempre più evidente quanto siano stati importanti gli elementi dell’infanzia di Tajiri nella genesi del mondo e della serie Pokémon.
Satoshi Tajiri alla ricerca del Cappello Folle
L’ultima pagina (156) di New Game Design dedicata a Pokémon non fornisce molti dettagli come le precedenti, ma è comunque interessante poiché continua (e conclude) il filone sugli spunti alla base di Pokémon.
Un’altra lontana ispirazione per Pokémon è stato Dragon Quest, primo titolo della serie pubblicato su NES (o Famicom) nel 1986 in Giappone e nel 1989 in Occidente. Nello specifico, è stata la personale esperienza di gioco di Satoshi Tajiri a dare la spinta per inserire la meccanica degli scambi nei videogiochi Pokémon.
In Dragon Quest è presente uno strumento piuttosto utile e raro (con tasso di ottenimento pari a 1/128), il Cappello Folle (Mad Cap), il cui effetto permette di ridurre il costo degli incantesimi. In un’intervista del 1998, Tajiri racconta di aver avuto enormi difficoltà a reperire lo strumento, mentre il suo amico, Ken Sugimori, era riuscito a ottenerne addirittura due. Ebbene, la frustrazione derivata dal non poter passare il doppione del suo amico nel proprio salvataggio ha guidato l’inserimento del sistema di scambio Pokémon.
Possiamo quindi concludere che, se il Cappello Folle non avesse avuto quella percentuale di ottenimento così bassa, probabilmente avremmo avuto dei giochi Pokémon differenti da quelli che conosciamo.
Siamo giunti alla fine di questo secondo numero di Tempovia – Viaggio nel mondo dei videogiochi Pokémon, dove abbiamo esplorato le ispirazioni alla base del mondo e delle meccaniche Pokémon. Nel prossimo appuntamento osserveremo e commenteremo insieme le bozze di Capsule Monsters, l’embrione da cui poi sono stati generati i giochi Pokémon. Non mancate, i mostriciattoli di prima generazione stanno per arrivare!
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